Intervista a Nadia Peviani

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L’azienda ‘al femminile’ 

Raccogliere le sfide del mercato e costruire un percorso imprenditoriale. Questo il sogno, realizzato, di Nadia Peviani. Diventata dirigente molto giovane, ha imparato presto a confrontarsi con l’universo azienda. Un mondo, ci spiega, in cui le donne non sono percepite come cervelli strategici. Perché, troppo spesso, si abbandonano all’emotività quando invece, si sa, è la razionalità che governa il business. E allora Nadia cosa fa? Crea la sua azienda fondata sui valori in cui crede, in cui gli stretti formalismi aziendali hanno lasciato il posto a dinamiche più fluide, ma non per questo meno efficaci. Il risultato si chiama Temas, un’affermata attività nel settore della consulenza regolatoria nell’area farmaceutica e della salute. Ci racconta il percorso che ha compiuto e, dopo avere realizzato il modello di azienda al femminile ora, all’età di 56 anni, si è sposata.

Quali sono le difficoltà che incontra una donna nella realizzazione della sua carriera lavorativa? Come conciliare famiglia e lavoro?
La carriera è qualcosa che non si sceglie, accade, e quando accade è giocoforza dover sacrificare parte della vita privata. Conciliare famiglia e lavoro richiede equilibrio e impegno. Mi sono impegnata nel lavoro da subito e questo certamente ha penalizzato la mia vita privata. Prima di avere un’azienda mia, ho lavorato per circa 23 anni nel settore farmaceutico. In quel periodo ho cambiato diverse volte azienda, perché ho sempre sentito la necessità di fare esperienze diverse, di conoscere nuove realtà e differenti metodi di lavoro e ho avuto la fortuna di rientrare in quella bassa percentuale di donne che negli anni ’80 ricoprivano ruoli dirigenziali. Infatti sono diventata dirigente a soli 34 anni, quando lavoravo in Poli Industria Chimica.

Nel momento in cui è diventata dirigente, non erano molte le donne che ricoprivano posizioni analoghe. Come viveva il suo rapporto con i colleghi maschi?
Nelle quattro aziende in cui ho ricoperto incarichi dirigenziali, il comitato di direzione era costituito esclusivamente da uomini. Pur non essendo femminista, devo ammettere che ho spesso ravvisato una sorta di prevenzione di fondo. Le donne sono molto apprezzate perché lavorano tanto, portano a termine i compiti affidati, ma non sono viste come ‘cervelli strategici’. E forse in questo c’è un fondo di verità. Parlo ovviamente per me stessa, ma l’essere donna coincide spesso con l’abbandonarsi all’emotività. Un po’ di sentimento, noi donne, ce lo mettiamo sempre, anche quando bisognerebbe affidarsi solo alla ragione. In linea di massima però, non posso dire di aver dovuto affrontare grosse difficoltà in quel periodo di lavoro; sono grata a tutti i miei capi, da cui ho imparato moltissimo, tanto da poter affrontare da sola la creazione di una realtà aziendale. Ho imparato anche ad accettare che alcune idee esposte durante riunioni aziendali fossero accettate solo quando riproposte, magari mezz’ora più tardi, da colleghi maschi. In questi casi, ho sempre dato più importanza al fatto che un’idea in cui credevo andasse avanti, indipendentemente da chi l’aveva proposta.

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