Intervista a Barbara Santoro

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Per quelle donne che non hanno una propria azienda e vivono calate in organizzazioni con regole da rispettare, cosa si può modificare, secondo lei?
Il datore di lavoro, innanzitutto, deve consentire alle persone di lavorare per obiettivi e sovvertire tutti gli schemi di consuetudine rispetto agli orari. Le persone non rendono necessariamente di più perché stanno dodici ore in ufficio. È importante lavorare sulla flessibilità per dare la possibilità alle donne che vogliono far carriera di vivere la maternità. Un’esperienza che dona equilibrio, serenità. Allora bisogna fare in modo di trovare accordi personalizzati che implichino impegni reciproci.

In questo caso gioca un ruolo importante il potere contrattuale che le persone hanno, indipendentemente dal genere. Non è così?
Molto dipende dalla dimensione dell’azienda, ma in un momento in cui hanno dimostrato di fallire i modelli organizzativi del passato, vedo molto vincente il modello di azienda plastica e flessibile, adattabile alle situazioni e ai momenti, che deve lavorare ‘per progetto’. Nel momento in cui le donne vogliono far carriera, è importante negoziare soluzioni su misura. La mia ottica è figlia della nostra dimensione, che è abbastanza gestibile. In tutta Italia abbiamo 40 sedi e 440 persone in totale, ma le risorse impegnate in progetti di creatività e innovazione sono circa 80. E con ognuna di queste è possibile ritagliare soluzioni su misura. Indipendentemente dal genere.

Il gruppo, nelle sue mani, ha avuto un forte sviluppo…
Quando ho rilevato il gruppo nel 1996 le sedi erano undici, con molti insegnanti e una struttura legata a un modello di scuola creato negli anni ’50. Non ci si occupava di comunicazione e nemmeno di marketing. Ho cominciato nel 1987 a lavorare in Shenker e, osservando quanto accadeva, mi sono resa conto che per restare sul mercato occorreva un nuovo modello. E quando ho preso possesso delle quote societarie, ho modificato la struttura organizzativa. Siamo diventati più capillari e più orientati alla formazione di alto livello, con un approccio più consulenziale. Per questo abbiamo inserito figure professionali nuove: persone dedicate al customer care, una task force che si occupa di potenziare la sicurezza nel parlare in pubblico, nel presentare i propri prodotti, nel gestire riunioni in una lingua diversa dalla propria. Ho cercato di assecondare meglio le esigenze del mercato: il tempo a disposizione per l’apprendimento della lingua è diminuito. Insieme con le risorse.

Questo si ricollega al tema della conciliazione…
Le donne che decidono di far carriera, oltre alla famiglia, devono occuparsi del loro aggiornamento, fare networking… Conciliare tutto è difficile. Per questo è necessario cercare soluzioni personalizzate. Altro aspetto che si ricollega alla conciliazione è il face time, la consuetudine di rimanere in ufficio oltre l’orario pur non essendo necessario. Attività che non rende niente, ma diventa determinante quando si sceglie chi deve fare carriera. Per questo il tempo per se stessi è sempre meno. E questo è un aspetto da scardinare. I ‘ladri del tempo’ vanno eliminati.

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