Rivoluzione verde. Anzi, rosa

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Mentre scrivo questa rubrica è in corso il vertice di Copenhagen. 7,3 i miliardi di euro stanziati in 3 anni per aiutare i paesi poveri a ripulire i cieli dall’inquinamento. I 27 stati membri dell’Unione Europea si ripropongono di tagliare le loro emissioni di gas serra del 30% da qui al 2020. L’obiettivo di fondo? Limitare a 1,5-2 gradi l’aumento delle temperature del globo.

I numeri vanno negoziati, le superpotenze devono mettersi d’accordo. E mentre i potenti della terra si riuniscono intasando il centro di Copenhagen con le loro limousine (potevano fare il gesto e percorrere qualche metro di strada a piedi, che sono a Copenhagen, mica a Città del Messico), leggiamo dei movimenti che nascono per contenere l’impatto ambientale.
Perché, come ha dichiarato il Gianfranco Bologna, responsabile scientifico del Wwf Italia, non ci si può comportare come se la biosfera non avesse limiti(1). Bisogna ragionare in termini di ‘un essere umano=una quota di natura’. Sono oltre un miliardo i nuovi consumatori che si sono affacciati sullo scenario internazionale e siamo in una situazione di sofferenza che richiede una nuova contabilità ecologica. Basata su una nuova economia ‘decarbonizzata’.
Si stanno muovendo con feroce determinazione le donne australiane, promotrici di una campagna che punta a coinvolgere le ladies del continente in un ambizioso progetto: abbattere di una tonnellata le emissioni di CO² nel giro di un anno dal momento dell’adesione al progetto. Basta collegarsi al loro sito www.1millionwomen.com.au, e si viene guidati lungo un percorso che guida al taglio della tonnellata di emissioni. Un progetto ambizioso e molto concreto, che parte dal presupposto che la sostenibilità sociale e ambientale si deve tradurre in comportamenti quotidiani che ognuno di noi mette in atto. E le donne, che governano l’economia domestica, possono far molto. In Italia il riscaldamento delle case, l’uso degli elettrodomestici, la produzione di acqua calda e le attività di cucina determinano oltre il 30% dei consumi energetici. Come dire, lavarsi i denti con l’acqua fredda e riesumare il battipanni per battere i tappeti invece che brandirlo –con pressoché nulla efficacia– per minacciare bambini riottosi, potrebbe già ridurre la nostra impronta ecologica.
Nel nostro piccolo, se ancora non siamo capaci di creare movimenti d’opinione come le nostre cugine australiane (perché non sappiamo fare sistema, perché la sindrome Nimby –Not in my back yard– colpisce come il virus dell’influenza, eccetera) qualcosa si sta muovendo anche da noi. A Concesio, nella ricca provincia di Brescia, 92 mamme del paese hanno deciso di rinunciare all’innovazione che ha cambiato la vita di noi che siamo nate e diventate mamme nella seconda metà dello scorso secolo: il pannolino. Mia nonna, che non buttava via niente, aveva conservato i miei ‘ciripà’ (sostantivo ignoto alle nuove generazioni), gli antenati dei pannolini. Con grande onestà, quando è nato mio figlio, ho guardato quei triangoli di stoffa ripiegati con cura e iniziato a provare un sentimento di gratitudine che mi portava a fissare adorante le confezioni dei Pampers sugli scaffali dei supermercati. Bene, le mamme di Concesio hanno deciso di eliminare i pannolini usa e getta per adottare il kit municipale composto da tre mutandine e 24 pannolini di cotone lavabile. A mano, a questo punto, che se la lavatrice va a manetta si perde il beneficio.
Del resto il tempo è poco. Connie Hedergaard, ministra danese e neo-commissaria europea al clima lancia moniti che non possono rimanere inascoltati. Il nostro stile di vita attuale è a rischio, se vogliamo preservarlo dobbiamo prendere provvedimenti perché ogni rinvio ci costerà molto caro. Affrontare la questione ora significa non essere costretti a modificare in modo radicale il nostro stile di vita. Le alternative, come ha dichiarato anche Bologna del Wwf sono il collasso o l’ecodittatura: l’imposizione cioè di stili di vita e consumo. Non c’è da stare allegri. Ci pensate? Potremmo arrivare a rimpiangere la lavatrice da stendere quando torniamo a casa la sera o la lavastoviglie da svuotare.
Colte da una crisi di astinenza da aspirapolvere potremmo essere costrette a rinunciare a far togliere a nostro marito i piedi dal tavolino del salotto proprio mentre sta guardando la partita. Ora che ci penso. Dopo che abbiamo fatto la doccia –il bagno ormai scatena la disapprovazione di tutti– la televisione lasciamola spenta in un angolo. Vedere questa pletora di personaggi/politici/potenti/opinionisti improvvisati che forniscono istruzioni per l’uso saltellando da un vertice a un salotto mentre le mamme lavano, a mano, i pannolini, comincia a darci veramente fastidio.

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