Ri-trovare lavoro. Si, ma quale?

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Ieri a Firenze, nel corso della decima tappa del nostro ciclo di incontri dedicato alle risorse umane, abbiamo parlato di persone e di lavoro. GalanteRiporto il messaggio che ci ha trasmesso Cetti Galante, amministratore delegato di Intoo, azienda che si occupa di ricollocazione, perché credo sia importante divulgare quanto più possibile il senso del suo lavoro. Cetti è innamorata di quello che fa, e forse anche per questo riesce a trasmettere con grande intensità il significato che sta dietro al termine ricollocazione, outplacement. Il tema sottende un approccio, molto femminile, del prendersi cura, del farsi carico di quel che succede quando una persona deve allontanarsi dall’organizzazione alla quale appartiene. Occuparsi di outplacement significa avere un grande senso di responsabilità, verso le persone ma anche verso il Paese. La situazione del mercato del lavoro è sotto gli occhi di tutti; le certezze di cui hanno goduto anche solo i nostri genitori sono – e parlo per chi come me è nato negli anni ’60, tralascio il tema dei giovani – una chimera che sarebbe pericoloso inseguire. Il nostro Paese è a un bivio, tuona Cetti, continua ad allocare risorse per la cassa integrazione, che non ci sono più, anziché supportare le persone con strumenti di ricollocazione che costringono a rimettersi in gioco. Da noi le persone si adagiano sull’indennità. Perché cercare un nuovo lavoro se si è tutelati nel lungo periodo? In altri paesi europei il rifiuto dell’occupazione porta alla perdita progressiva dell’indennità. Da noi no. Si rifiutano opportunità e si lavoricchia in nero. Un sistema che produce danni incalcolabili alla nostra economia. La voragine delle casse dello stato si spalanca sempre di più e le persone non fanno tutto quanto è possibile per rientrare nel mercato. E qui Cetti affronta un tema sul quale dobbiamo tutti abituarci a riflettere. Chi perde il lavoro, tipicamente, cerca lavoro nello stesso settore. Certo, direte voi, cosa deve fare? Ma se continuiamo a ripetere che bisogna cambiare prospettiva, che bisogna imparare a guardare le cose da altri punti di vista, dobbiamo anche imparare a ragionare di lavoro con altre logiche. Innanzitutto chi perde il lavoro difficilmente lo ritrova da solo. Parliamoci chiaro, quanti sanno scrivere un curriculum decente? E poi, sempre per via della crisi, si deve essere disposti a rientrare nel mercato del lavoro occupandosi di qualcosa d’altro. Chi ha stabilito che le nostre competenze possono essere spese in un solo ambito? Un preconcetto da sfatare. Velocemente. La flessibilità di cui tanto si parla dobbiamo essere bravi ad applicarla a noi stessi, dobbiamo essere disposti a percorrere sentieri per i quali non avremmo mai pensato di doverci incamminare. E qui torniamo al supporto alla ricollocazione. Le aziende che devono riorganizzarsi, e hanno la necessità di allontanare delle persone, hanno oggi la possibilità di affidare tutto il capitale di competenze di cui queste persone sono portatrici nelle mani di chi è capace di metterlo a valore, di chi sa come fare per reimmetterlo nel sistema produttivo. Chi si occupa di outplacement aiuta le persone a non perdere la speranza ma, soprattutto, le aiuta ad esplorare nuovi orizzonti. Chi per tutta la vita ha costruito violini sa che la sua competenza nel lavorare il legno curvo è richiestissima nella cantieristica navale? Siamo onesti, nella maggior parte dei casi no. Abbiamo bisogno di una guida, abbiamo bisogno di qualcuno che si prenda carico, con grande senso di responsabilità, di queste persone e rimetta le loro competenze nel nostro circuito produttivo. Abbiamo bisogno di qualcuno che si ‘prenda cura’. Cetti, con il suo team – un gruppo quasi tutto femminile, e forse non è un caso – sa fare tutto questo molto bene.

L’ultima tappa di Risorse Umane e non Umane sarà a Roma il 27 novembre, trovate l’agenda al link http://www.runu.it/index.php/roma/

 

Comments (3)

  • La letteratura di formazione (Amietta 2000) dice che abbiamo bisogno di coach e che bisogna saper distinguere tra le conoscenze – focalizzate in modo stretto su alcuni contenuti – e le competenze, e cioè gli abiti mentali molto ampi e plurali che la formazione ci ha dato insieme con le conoscenze, e che vedono, ad esempio, convergere su ambiti comuni filosofia, fisica, matematica, biologia evolutiva (Gardner 1987)
    La biologia evolutiva ( Maynard Smith 1982) ci indica anche le competenze fondamentali:
    saper esplorare una pluralità di mercati del lavoro, analizzandone le barriere d’ingresso, come fa la vespa scavatrice alla ricerca di una tana;
    saper cambiare in relazione ai mercati del lavoro in cui ci si vuol inserire, come fa un altro insetto, la centris pallida, che sa adattarsi molto bene alla pluralità dei paesaggi di fitness;
    i passeri di Harris, che sanno capire quando si possono giocare strategie di sviluppo e quando conviene cercare la semplice sopravvivenza.
    Se a qualcuno interessa, posso essere più ampio
    Paolo Canal

  • “Chi ha stabilito che le nostre competenze possono essere spese in un solo ambito? Un preconcetto da sfatare. La flessibilità di cui tanto si parla dobbiamo essere bravi ad applicarla a noi stessi, dobbiamo essere disposti a percorrere sentieri per i quali non avremmo mai pensato di doverci incamminare.” In Italia quando intraprendi un qualsiasi tipo di lavoro non riesci più a liberartene. Ho cercato più volte di propormi per ruoli diversi, quando sono rimasta senza lavoro, ruoli che avrei saputo ricoprire perfettamente ma nessuno mi ha mai dato la possibilità di dimostrarlo. Siamo un paese a dir poco “ingessato” e non solo per quanto riguarda la mobilità all’interno del mercato del lavoro.

  • Quando si perde il lavoro, è utile non perdere il contatto con la realtà e per tutto il periodo della ricerca è altrettanto utile eliminare i periodi ipotetici e le forme condizionali: se avessi…, le aziende dovrebbero… Le iniziative da mettere in campo è utile che siano governate da verbi al presente. Poi ricordiamoci che la ricollocazione è un evento che vede l’incrocio tra domanda e offerta e i fattori facilitanti questo incrocio sono molti e dall’insieme di essi dipende il successo. Non ultimo è utile sapere leggere i feedback delle iniziative che si lanciano, perché farlo consente di migliorare le azioni ed evitare di ripetere gli errori.

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