Lo sdraiato… al telefono

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“… la tua maestria nell’assecondare l’entropia del mondo sta esattamente in questo minimo, quasi impercettibile scarto tra il “fatto” e il “non fatto”. Anche quando basterebbe un nonnulla per chiudere il cerchio, tu lo lasci aperto. Sei un perfezionista della negligenza”. Come non riconoscere tra le righe del libro di Michele Serra, “Gli sdraiati” l’atteggiamento dei nostri figli adolescenti? Inutile nasconderci. Sono quasi tutti così. Ma la rassegnazione non vuole essere la cifra stilistica del libro. L’incipit deve infatti essere stato studiato dall’autore con l’obiettivo di calarci in una dimensione di rabbia velata di angoscia. “Ma dove cazzo sei? Ti ho telefonato almeno quattro volte, non rispondi mai. Il tuo cellulare suona a vuoto, come quello dei mariti adulteri e delle amanti offese”.

Sabato 13 giugno. Il mio adolescente grande sta preparando la maturità. Con un braccio fasciato perché è si è schiantato in casa contro il mobile di un trisavolo e il vetro gli ha lesionato i nervi della mano. La sinistra fortunatamente. Operato, con la destra farà la sua versione di latino alla maturità. La testa è illesa, ma non mi pare che i nostri ‘sdraiati’ ne facciano uso, quantomeno danno segni evidenti di poterne fare a meno. Comunque, lo sdraiato passerà il pomeriggio in casa con una ex compagna che ha fatto la maturità l’anno scorso e quest’anno studia astrofisica a Londra. Ottima idea, accolgo la nostra ‘Astro-Samantha’ sperando che una mente che dimostra distanze siderali dal mio sdraiato abbia un positivo influsso sul suo programma di fisica. Esco. Cioè, mi viene imposto di passare il pomeriggio fuori di casa per non intralciare il travaso di conoscenze. Però a un certo punto chiamo (al cellulare, al telefono di casa nessuno risponde mai, non per negligenza, semplicemente perché il telefono non si trova, mai. Ci siamo adeguati, e usiamo il cellulare). Una, due, tre, quattro volte. Solo in casi estremi si chiama al telefono di casa. Questo è un caso estremo. Risponde l’altro adolescente, stava dormendo rintanato in camera sua, inferocito dal brusco risveglio. “Mi passi tuo fratello, per favore?” “Ma devo andare di là e sto dormendo, chiamalo al cellulare!”. Sono, ancora, serena e quindi intimo al dormiente di affrontare il corridoio, raggiungere il fratello e porgergli cortesemente il cordless. L’assonnato, mugugnando, esegue. Il fratello non mi dà nemmeno tempo per l’esordio inquisitivo e mi precede: “Ma’, senti, mi sa che oggi mentre aspettavo l’autobus ho appoggiato il telefono sulla panchina e mi deve essere caduto…”. Tralascio il seguito. Finché leggo un suo post su Facebook. Mi hanno rubato il telefono, scrive. Non te l’hanno rubato, commento io, l’hai perso!!! (Fosse il primo…). A quel punto si inserisce nella conversazione la mamma di un ex compagno. “Ma povero Andre, che iella! Vedrai che qualche buona fatina risolverà tutto…” E chissà come si chiama questa fatina, replico io furente, anche se Facebook non riesce, ancora, a far trapelare gli stati d’animo autentici… Insomma, tutto questo per dire che, mediamente, con i nostri figli non ci si arrabbia più. Poverino??? Poverino un corno, questo perfezionismo nella negligenza è insopportabile e andrebbe contrastato con violenza. E invece non siamo capaci. Claudio Bisio, che ha portato in scena il libro, dice che i padri del sessantotto non sono più capaci di essere quelle figure autoritarie, autorevoli… poi ci sono le donne che ricoprono un ruolo differente, ora è il papà che chiede alla mamma di avere l’ultima parola. Insomma, in questi ruoli sfumati fare i genitori è diventato molto più complicato. Forse l’approvazione del decreto sulla conciliazione delle esigenze di vita e di lavoro – che fa salire da 3 a 6 anni di età del figlio il periodo entro il quale i genitori possono chiedere il congedo parentale al 30% della busta paga, e da 8 a 12 anni di età la richiesta congedo senza stipendio – vuole contribuire a costruire una nuova consapevolezza sull’essere genitori oggi. Per capire di più i nostri ragazzi, comici, goffi, ingombranti e insopportabili, come li definisce Michele Serra, bisognerebbe anche sforzarsi di conoscerli un po’ di più. E per questo ci vuole tempo. 

Comments (2)

  • Spiritosa,,vivace,precisa nelle accuse. Ho sorriso leggendo il tuo scritto così come ho trovato divertente ” gli sdraiati”.
    Gli atteggiamenti superficiali dei nostri figli ci spiazzano. Quello che per loro rappresenta l’ineluttabilità dei fatti,per noi è negligenza…Cresceranno e , si spera,ci solleveranno almeno dall’onere di fare pure le ” Fatine Ricompratuttosempre”.

  • Credo che, purtroppo, si sia ancora alla periferia del problema “adolescenti’
    Che dire del silenzio che avvolge la morte del ragazzo padovano caduto dalla finestra dell’albergo di Milano? Un silenzio che avvolge i fatti e permette agli educatori di non farsi domande forse terribili su se stessi e sulle proprie responsabilita’?

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