Intervista ad Anna Banfi

Management femminile: un genere a sé?

Il Paese non può correre con una gamba sola. Deve correre con tutte e due, ci dice Anna Banfi, che ricopre in Nortel un ruolo marketing a livello internazionale. Ed escludere la presenza femminile dai vertici aziendali significare privare il mondo del lavoro di una fetta talentuosa e preziosa per la crescita del nostro Paese. Ma per le donne, in Italia, è ancora difficile fare carriera. Perché salire ai vertici significa fare rinunce.
In un Paese in cui famiglia e lavoro di cura sono ancora quasi totalmente delegati alle donne, queste ultime sono troppo spesso obbligate a scegliere. E le scelte sono spesso penalizzanti. Cosa fare? Alle multinazionali spetta il compito di dare l’esempio, incentivando il lavoro femminile con aiuti concreti. 

Essere donna l’ha avvantaggiata nel suo lavoro? Intuito, creatività, abilità nella mediazione: come influenzano la sua professionalità?
Ci sono due tipi di considerazioni da fare: una relativa al management al maschile o al femminile, alle differenze di genere e di attitudini. Un’altra considerazione riguarda il fatto di ricoprire un ruolo manageriale in quanto donna, in un’azienda multinazionale. E in questo senso percepisco differenze anche geografiche rispetto al resto dell’Europa, perché in Italia il management al femminile è vissuto in modo diverso. Questo è quanto da qualche tempo a questa parte, ricoprendo un ruolo Emea, ho modo di constatare confrontandomi con un contesto internazionale: mi accorgo che ci sono differenze in termini di numero e di approccio.

E che opinione si è fatta?
Parlando della mia esperienza, devo dire che al di là dello stereotipo molto italiano, dove sicuramente è vero anche statisticamente che ci sono poche donne in percentuale in posizioni manageriali, ci sono problemi che si riflettono anche in politica – le quote rosa ne sono un tipico esempio. Per una donna italiana lavorare, farsi valere, magari a parità di merito e capacità, è ancora oggi, casistica alla mano, più complesso che in altre realtà internazionali, per cultura e per sistema socioeconomico. Cercare di combinare le priorità, le ambizioni sul lavoro con famiglia e figli, perché la casa resta ancora un ambito di competenza femminile, è complesso. In generale, a parità di condizioni, opportunità e curriculum, per una donna emergere nel mondo del lavoro può essere un po’ più difficile che per un uomo. Anche solo per mentalità o predisposizione del top management: la maggior parte sono uomini e si crea un certo cameratismo. La donna magari viene vista con ammirazione, ma è un altro genere e si ha la sensazione di non controllarla completamente e di far fatica a tenerla allineata. Perché, e ci sono studi neurologici che lo hanno dimostrato, il cervello maschile e il cervello femminile funzionano in modo diverso. Ci sono aree di funzionalità cerebrale che determinano delle differenze, ed è bene che ci siano.

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