Non potere, potenza

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Cosa significa guardare col cuore? Lo sguardo femminile che vantaggi porta alle organizzazioni? Ne abbiamo parlato questa settimana nel corso di un evento organizzato con un’azienda molto femminile, Zeta Service, dove le donne sono la maggioranza e gli uomini – che simpaticamente rivendicano delle quote azzurre – sembrano molto a loro agio. Perché è importante valorizzare il talento femminile? In Zeta Service pare abbiano già la risposta. L’azienda è stata fondata da una donna, Silvia Bolzoni, e oggi è una realtà solida, in crescita, attenta alle esigenze delle persone. Ma per tornare alla nostra domanda iniziale, e cioè perché valorizzare lo ‘sguardo femminile’, ci siamo fatti aiutare da Silvia Vegetti Finzi. Abbiamo approfondito le ragioni di una differenza che le nostre organizzazioni non si possono più permettere di non valorizzare con un ragionamento che, come lei stessa ha specificato, esce dal codice dei discorsi usuali. E che cerco di sintetizzare.

“Il pensiero – ci ha spiegato Silvia – si forma in uno stampo che è il nostro corpo, un corpo sessuato. Il corpo femminile si contraddistingue per essere un corpo cavo, che gli antichi simbolizzavano come un forno, una pentola, un vaso. Ogni cavità è preposta ad accogliere e il grembo femminile ed è per tutti la prima dimora. Appena nato il bambino viene accolto dalle braccia materne, senza che subentri un confronto con gli altri,un giudizio negativo, una condizione: ti accetto se… Nei reparti di maternità non circola invidia. La madre, mentre guarda il bambino per la prima volta formula questa attribuzione: “sei mio figlio e questo basta”. Vale a dire sei unico, irripetibile, impareggiabile. Si tratta di un gesto creativo ed è proprio la creatività la capacità più richiesta in tempi, non di produzione seriale, ma di innovazione. E tutto questo col lavoro cosa c’entra? Tutta la nostra società è organizzata in modo piramidale, secondo un organigramma gerarchico che ha per modello l’esercito. A noi donne non resta che riconoscerlo e adeguarci ma la nostra conformazione fisica e psichica è aperta, egualitaria, fluida e ospitale. Poiché il potere è sempre gerarchico, la sua forma, almeno immediatamente, non ci corrisponde. Di solito ci viene concesso in cambio della rinuncia alla specificità femminile: per essere un vero uomo bisogna rinunciare a essere una vera donna. La ‘capa’ deve conquistare il suo posto e dimostrare continuamente di meritarlo, mentre il ‘capo’ è legittimato innanzitutto dall’appartenenza al sesso maschile. Noi non abbiamo potere ma potenza. Per secoli gli uomini non hanno riconosciuto il rapporto di causa-effetto che collega l’atto sessuale con la procreazione e hanno attribuito, con una certa invidia, al corpo femminile la stupefacente capacità di ‘dare alla luce’. Non dobbiamo stupirci pertanto se la pretesa delle donne di assumere posti di potere sembri agli uomini eccessiva, prevaricante, socialmente svantaggiosa. Ad ogni generazione i diritti acquisiti delle donne vengono messi in crisi dalla rimonta degli stereotipi, pronti a fuoriuscire dal pozzo del tempo. I pregiudizi sono duri a morire e la disponibilità illimitata della femmina umana – unico mammifero perennemente ricettivo – ha trovato nel matrimonio una forma di controllo sociale. Come diceva Aristotele, la donna, come il tiranno e il finanziere, è una figura dell’eccesso. Il passaggio da una morale eterodiretta, esercitata dalla famiglia e dalla comunità a una morale autodiretta, affidata alla gestione individuale, non è facile… Se questi sono i condizionamenti invisibili che subiamo per il fatto di appartenere a un sesso, non solo biologicamente ma storicamente femminile, sta a noi trasformarli in opportunità. Occorre però accantonare gli stereotipi della seduttrice e della madre tradizionale, in favore di una visione più complessa della femminilità, dove la realizzazione di sé si accompagni alla realizzazione degli altri e, quelli che costituiscono disincentivi, si traducano in motivazioni profonde a essere, a vivere, in conformità della nostra specificità. Gli stampi della tradizione maschile si sono infranti ed è inutile proporne altri. Ora il futuro è una creazione personale. Esaminate sotto questa luce, la capacità materna di accogliere l’estraneo e di sospendere le difese immunitarie, si rivela funzionale a un mondo globalizzato, attraversato da flussi migratori, dove convivono etnie e culture tradizionalmente lontane e ostili. La capacità di svincolarsi dalle gerarchie preformate contiene risorse di empatia, di sintonia, di condivisione estremamente utili per collaborare, per formare gruppi di lavoro informali, come oggi viene richiesto. Le donne sono da sempre competenti non solo nell’allacciare e mantenere rapporti reciproci, ma anche nella gestione delle emozioni e dei sentimenti che li accompagnano. Si tratta di convincerci che il mondo ha bisogno di noi”.

Commento

  • Mariateresa Magarini

    Mi piace tanto la definizione della figura femminile che si delinea dalla lettura attenta delle tue parole. Una donna consapevole delle sue diversità , le valorizza e le mette a disposizione degli altri anche nel mondo del lavoro.La volontà di non uniformarsi al modello maschile, ma la determinazione a valorizzare le differenze è senza dubbio la strada da seguire. Il tuo articolo è stato per me illuminante, grazie!

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