Le donne, il management, la differenza

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Luisa conosce le organizzazioni. Le ha vissute dal di dentro prima e come consulente oggi. Ne ha per molti anni osservate le dinamiche e, per affrontare il tema del potere, ha ragionato insieme con altre donne, altre manager che hanno contribuito a riflettere sull’organizzazione. Perché le donne, mediamente, non si trovano a loro agio, faticano a riconoscersi in modelli che non sono stati pensati per loro. C’è un senso di estraneità che pervade la donna manager, una difficoltà a confrontarsi che forse sta all’origine di molti malesseri.

Questo libro parte da qui: dal confronto con alte donne che rompono il silenzio e parlano di sé, del loro modo di percepire il rapporto con l’organizzazione, con il potere, con chi comanda. Innanzitutto ci si domanda perché si comanda.

Cosa vuol dire avere il potere? E qui le differenze sono già marcate, perché uomini e donne non la vedono allo stesso modo. Per gli uomini il potere non è solo un mezzo, è un’identità, un’appartenenza, un codice. L’avere un ruolo di potere e il modo di esercitare il potere prescindono troppo spesso dai risultati. Il potere è finalizzato in buona parte anche a scopi personali. Ma le donne, scrive l’autrice nel libro, non sono interessate al potere in questa accezione. Il potere così com’è non lo vogliono, questo non è, secondo loro, il miglior sistema di dirigere un’azienda. Il potere è inteso dalle donne come possibilità di agire, di far succedere le cose che si ritengono più giuste, di influenzare le politiche aziendali in una direzione che corrisponde al nostro modo di vedere.

In questo senso a una cultura di potere si può sostituire una cultura di governo, una cultura fondata sull’interesse comune e non sull’esercizio di potere del singolo.

Il ragionamento parte da qui per parlare in senso ampio di come le donne, oggi, percepiscono il loro essere manager, madri ma, soprattutto, donne. Donne che ragionano in termini di inclusione e non di separazione. Donne che non vivono l’azienda come un mondo chiuso, separato, totalizzante. Ma come in luogo in cui si può ed è importante portare un proprio punto di vista. Non con l’obiettivo di accrescere il potere di uno/una ma per far crescere di più e meglio tutta l’organizzazione. Con grande senso di responsabilità.

Luisa Pogliana, Le donne il management la differenza, Guerini e Associati, pp. 177, euro 18,50.

Comments (3)

  • Ciao a tutte. Sono d’accordissimo! Purtroppo ci si scontra tutti i santi giorni con stereotipi che relegano la figura femminile a ruoli di cornice. La cosa più triste è che se e quando si cerca di emergere da tutto ciò, si viene additate come “ambiziose”… ma detto in quel modo che sa di “malattia”. La domanda é: se un uomo vuole crescere, migliorarsi e fare carriera, nulla di strano, anzi… è anormale il contrario. Se è una donna a desiderare le stesse cose, viene vista come un alieno, ma spesso dalle sue stesse simili… quindi doppio scontro. E’vero però, le donne hanno mediamente un modo diverso di vivere l’azienda, i problemi, le persone e anche il “potere”, anche se non mi piace tropppo questa parola, applicata sia a uomini, che donne. Le aziende dovrebbero davvero essere in grado di integrare i generi, le diversità e differenti approcci, altrimenti non ci potrà mai essere crescita, progresso. Ma per fare tutto ciò, bisogna partire da una grande apertura mentale, da elasticità, flessibilità, uscire dagli schemi. Io ci credo, è dura, ma possiamo farcela! Se nessuno combatte, lasceremo alle future generazioni un mondo ancora chiuso, ottuso, maschilista, o peggio, “globalizzato” nella peggiore delle accezioni. Ognuno, e ci credo davvero, è bello e utile, anche e con le proprie particolarità. Certo una rosa non potrà mai profumare come un giglio e viceversa, ma non vuol dire che non siano entrambi dei bellissimi fiori!
    Grazie
    valentina

  • Per uscire dagli schemi ci vuole anche coraggio. E, spesso, le donne non ne hanno abbastanza. Ma esempi positivi ce ne sono sempre di più. Donne che arrivano ai vertici e governano le aziende in modo differente ci sono. Ci sono anche tanti uomini lungimiranti, però. Il problema non è solo legato al genere, ma alla cultura, alla mentalità. E soprattutto al rispetto per gli altri.

  • Il problema per una donna che lavora è spesso la mancanza di complicità con il proprio partner. Condividere, collaborare vicendevolmente, non invidiare il successo dell’altro, non essere gelosi di nulla, saper apprezzare anche le piccole cose quotidiane e comunicarle, come una carezza, un bacio, un complimento, sono spesso la facile ricetta per una coppia che funziona. Poi ci sono gli accessori: l’educazione personale, una base culturale, il rispetto reciproco. E su tutto l’amore.

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