La riforma del lavoro e le donne

, , , , ,

Lo scorso 18 luglio è entrata in vigore la riforma del mercato del lavoro. Cosa cambia per le donne? In sintesi, si contrastano le dimissioni in bianco, si introduce il congedo di paternità e le società controllate da amministrazioni pubbliche devono garantire una percentuale di quote rosa (un terzo). E’ previsto anche uno sgravio contributivo del 50% per assunzioni di donne effettuate dal primo gennaio 2013 che rispettino i seguenti criteri: donne di qualsiasi età, che non abbiano un impiego retribuito da almeno sei mesi e siano residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti dei fondi strutturali dell’Unione Europea e donne di qualsiasi età, indipendentemente dalla regione di residenza, che non abbiano un impiego retribuito da almeno 24 mesi. Lo sconto sui contributi viene applicato per 12 mesi per i contratti a termine e per 18 mesi per i contratti a tempo indeterminato, o nel caso di trasformazione del contratto. Il tema della riforma del lavoro merita di uno spazio di riflessione. Ne parleremo il prossimo 17 settembre nel corso di un confronto che abbiamo organizzato con il senatore Pietro Ichino a Milano. A questo link http://www.este.it/res/convegno_edizione/eid/84/zid/129/p/ trovate i dettagli dell’evento. Vi aspettiamo.

 

 

Comments (2)

  • Donne e lavoro … argomento di straordinaria attualità, che si scorge anche nei recenti fatti di cronaca.

    Da qualche giorno sono turbata, infatti, dalla protesta dei dipendenti Alcoa, miei conterranei che aggiungono la loro disperazione a quella dei lavoratori Carbosulcis, EurAllumina, etc.
    Il mio occhio femminista è stato solleticato dall’azione della moglie di uno degli operai Alcoa.
    Questa signora è stata intervistata da vari giornalisti, e l’ho vista alla televisione, grintosa ed energica, per difendere il posto di lavoro di suo marito, mentre indossava una maglietta con la scritta “fiera di essere sarda ma non mi sento italiana”.
    Condisco questa immagine di tanti particolari, ma quello su cui voglio focalizzarmi è la sua azione, il difendere il posto di lavoro di suo marito.
    Ho letto su un quotidiano regionale che quella signora sarebbe dipendente di una ditta esterna (spero di non sbagliarmi), ma nella sua protesta lasciava intendere chiaramente solo la sua dura lotta per conservare il posto di lavoro di suo marito, “il quale nella vita le ha sempre dato tutto”.
    Qual è il messaggio sottinteso? “Senza il posto di lavoro di mio marito, lui ma nemmeno io, potremo andare avanti”.
    Mentre sbraitava, dichiarando solennemente al giornalista che loro “non molleranno”, toni accesi da tifo da stadio e vena del collo ingrossata, mi sono fermata a riflettere su quanto quel gesto fosse la cartina di tornasole del nostro tessuto economico e sociale.
    Non parlo solo del Sulcis e non parlo solo della Sardegna.
    Premetto che non voglio stilare un elenco di buoni e cattivi… Ma nonostante la crisi occupazionale nella mia Regione, io ho sempre lavorato con dei contratti onesti, anche se questo ha significato trasferirmi varie volte sul territorio regionale. Ho cambiato 3 volte città negli ultimi 8 anni, e soprattutto, pur di lavorare, ho sacrificato la mia professione di psicologa per scegliere altre strade. Ho dovuto “riciclarmi” in più occasioni, perchè l’alternativa sarebbe stata emigrare, e ho voluto provarle tutte pur di restare qui.

    Non sono sposata e, come spiegavo in un altro commento in questo blog, per ora non me la sento di avere un figlio: anche se ho un contratto a tempo indeterminato in una buona azienda. Per quanto mi dispiaccia constatare lo stato di ansia di quelle persone, mi sono sentita estranea rispetto a questo genere di protesta.
    Cerco quindi un confronto su un tema che mi crea pensieri schizofrenici: da una parte mi sento orgogliosa di poter badare a me stessa, senza dover urlare ad una telecamera che voglio conservare il posto di lavoro di mio marito. Dall’altra, so bene che la mia attuale condizione di lavoratrice full-time mi crea grossi problemi nell’avere una famiglia mia, perchè la mia situazione attuale prevede che io, fra tragitto casa/lavoro, pausa pranzo e giornata lavorativa, anche senza fare straordinari, stia fuori casa dalle 07.30 alle 18,00… la rete sociale intorno a me funzionerebbe poco e male, spenderei una fortuna nel tenere il bimbo o la bimba al nido, e commetterei un’azione della quale non sarei orgogliosa: lasciarlo così tante ore da solo, a partire dall’anno di vita.

    Facendo un rapido calcolo, finora ho sempre scelto di non impazzire dietro ai tempi assurdi di una mamma che concilia lavoro e famiglia (forse non sento abbastanza il desiderio di un bambino); mi chiedo allora… dove sta l’equilibrio?
    Perchè mi infastidisce tanto la protesta della signora, quando so molto bene che, come citano altre t-shirt, un posto di lavoro equivale ad una famiglia? Non vivo mica su Marte, e so molto bene che due redditi in una famiglia non sono così frequenti nella mia isola.
    Cosa pensi tu, Chiara, di questo genere di protesta? Io non voglio dare alcuna colpa alla signora, non ho niente di personale contro di lei e avrà le sue ragioni per essere così rabbiosa, ma chiedo a te, e ai tuoi lettori e lettrici: “Fareste come lei, o più radicalmente cerchereste di non trovarvi nella situazione di dover dipendere dal reddito di un’altra persona?”.

    • Cercare di non dipendere dal reddito di un’altra persona e’ importante. Probabilmente la signora che con tanta veemenza protesta tiene a mantenere fonti di reddito che consentano alla propria famiglia, figli compresi quindi, di non entrare in sofferenza. Perché sono i figli, credo a far la differenza. Ed e’ per questo che e’ tanto importante per le donne poter contare su una fonte di reddito. Se il marito perde il lavoro, possono comunque garantire loro di ‘mandare avanti’ la famiglia. E in tempi in cui il tema forte e’ il lavoro, e la sua assenza, l’autonomia e’ fondamentale. Ma un solo reddito, ahimè, non sempre basta. Da qui, credo, il desidero di lotta della signora che lei cita.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Cookie Policy | Privacy Policy

© ESTE Srl - Via Cagliero, 23 - Milano - TEL: 02 91 43 44 00 - FAX: 02 91 43 44 24 - info@este.it - P.I. 00729910158

logo sernicola sviluppo web milano