La forza delle mamme

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Quando una mamma è una brava mamma? Esiste un parametro per la misurazione della performance? Di solito è la vita a dare risposte. Se i nostri figli sono sereni, se vanno bene a scuola, se fanno cavolate entro perimetri accettabili, se si comportano bene, se sono educati, se non rispondono male, se sono rispettosi, se non dicono troppe parolacce, allora veniamo considerate delle brave mamme. Certo, non appena dimostrano un cedimento, se ad esempio vanno male a scuola allora ecco che spunta la colpevole: la mamma non li segue, è disattenta, lavora troppo…

I papà quasi mai vengono rimproverati per il troppo lavoro, anzi. E’ sempre la mamma a dover dare qualcosa in più, ma del resto questa è una responsabilità che ci prendiamo volentieri. Sentiamo crescere nostro figlio dentro di noi, come potremmo sottrarci? Però quando lavora, tutto questo carico di responsabilità la mamma se lo sente addosso con un peso smisurato, e continuo a chiedermi se sia giusto.

Non amo queste ricorrenze ma la Festa della Mamma, visto che c’è, può essere un’occasione per ricordare che l’accudimento ha un impatto determinante sull’educazione, per questo le mamme dovrebbero essere lasciate sempre meno sole. Certo, si festeggia per par condicio anche la Festa del Papà, ma i carichi di responsabilità continuano a non essere equilibrati, si viaggia sempre a due velocità ed è questa doppia velocità ad innescare fenomeni che stiamo cercando di contrastare. A partire dalle posizioni di vertice, dove la presenza femminile potrebbe essere molto più rappresentata.

Fare il genitore richiede tempo, la teoria del ‘tempo di qualità’ non mi ha mai convinta molto. I figli hanno bisogno di essere ascoltati quando esprimono un bisogno e non quando siamo noi ad avere il tempo per ascoltarli. L’educazione non può essere confinata ad un momento nel quale non abbiamo altro da fare, non possiamo dar retta ai nostri figli tra una mail e l’altra. Ora vanno di moda le chat di famiglia su WhatsApp. Anche noi ovviamente ne abbiamo una che include la nonna, il nostro welfare primario. Ma non dobbiamo confondere una chat con un segnale di attenzione… E poi con il passare degli anni le richieste aumentano, se quando i figli sono piccoli possono essere lasciati con le baby sitter, quando crescono siamo chiamati a rispondere ad esigenze sempre più consistenti e che non possono essere delegate.

I figli devono anche capire cosa stiamo facendo, che senso diamo alle nostre vite che sembrano scorrere impazzite sui binari dell’alta velocità. Passiamo più della metà del nostro tempo lavorando e sono loro i primi a metterci di fronte a una realtà che tendiamo a rifuggire noi per primi. Portarli una volta all’anno in ufficio per far vedere loro dove è posizionata la nostra scrivania non basta. Dobbiamo saper costruire una narrazione credibile della nostra vita se vogliamo meritarci il loro rispetto, se vogliamo che crescendo imparino anche loro a darci una mano.

I figli sono i nostri giudici più severi. E il ruolo della mamma è scomodo perché deve essere sempre sul pezzo, non le sono ammessi cedimenti. Un ruolo impegnativo e un continuo esercizio di leadership: deve saper scegliere il momento in cui esercitare il comando e il momento nel quale alimentare la responsabilità. Quasi mai deve essere amica, deve aiutare i propri figli a coltivare i loro talenti, esattamente come dovrebbe fare un buon capo.

Le mamme sono animate da una forza potente, quasi sovrumana; la sensazione di benessere innescata dall’accudimento è una prerogativa femminile, ma non è pensabile approfittarsene oltre i limiti. Le donne nel nostro Paese fanno sempre meno figli, significa che non ci siamo occupate di loro, che abbiamo sottovalutato il problema. Rinunciare alla maternità significa far pagare un prezzo altissimo al nostro Paese. Ed è un tema che riguarda le aziende, le istituzioni, il welfare e la cultura all’interno della famiglia. Il bilanciamento dei ruoli deve uscire dalla retorica e concretizzarsi in comportamenti quotidiani. Infine, le donne devono poter vivere la maternità senza temere di perdere il lavoro e senza accettare di essere pagate di meno. Per questo occuparsi delle donne, e delle mamme, è un atto di civiltà.

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