Indicatori economici e sex appeal

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(di Elisabetta Favale)

La cosa più belle delle vacanze per me è avere il tempo di leggere tanti giornali. Ebbene, questa estate hanno imperversato articoli in cui si sono andate a rispolverare teorie legate agli indicatori economici che più degli altri ci danno la misura del benessere. Normalmente, ci dice il New York Times ma anche una ricerca IBM lo conferma, in momenti di crisi economica si verificano i seguenti fenomeni:

Lipstick index: si aumenta l’uso del rossetto per sentirsi belle a prezzi contenuti

Tacchi alti: più sono alti più l’economia va male! (ballerine negli anni 60 zeppe negli anni 70)

Capelli lunghi: più sono lunghi più c’è crisi (si sa, il taglio corto va curato)

Cameriere appariscenti: con l’avanzare della crisi le cameriere indossano abiti più vistosi (per tenersi stretto il lavoro?)

Hemline theory: più antica la teoria dell’orlo delle gonne di Taylor, le gonne alla caviglia dopo la crisi del ’29, le minigonne durante il boom degli anni Sessanta, le gonnellone delle figlie dei fiori degli anni Settanta con la crisi del petrolio hanno dimostrato che quando le cose vanno male le gonne si allungano. E viceversa.

Ma quest’anno sul New York Times leggiamo che, attenzione! I tacchi, nonostante la crisi, si sono abbassati e le gonne? Va di moda la longuette, né lunga né corta, insomma… una cosa incerta! Come i tempi che stiamo vivendo.

Avanzare in bilico su tacchi a spillo poteva andare bene per distrarsi inizialmente, ma dopo 5 anni di economia disastrosa, anche la crisi si mette le ballerine.

Nei secoli noi donne siamo state abituate all’oggettivazione sessuale espressa in svariate forme che però hanno tutte un file rouge: la richiesta di atteggiamenti stereotipati precisi. Tutti questi pseudo indicatori economici altro non sono che emblemi di una sorta di auto-oggettivazione, come dire che le abitudini d’acquisto delle donne rappresentano un’intercapedine tra l’apparenza del palcoscenico sociale e la realtà della vita.

Discutendo di questo con un amico che insegna sociologia, ci siamo impelagati nella definizione di sessismo benevolo, che, a differenza di quello ostile che rifiuta apertamente la parità tra sessi, nasconde, sotto l’apprezzamento per alcune doti delle donne come la dedizione e la fragilità (ma la fragilità è una dote?) la riaffermazione della differenza marcata tra uomo e donna, quest’ultima, sempre subordinata al primo. Sembra che, le donne con un più elevato sessismo benevolente, tengano in maggiore considerazione il proprio aspetto e il loro sex-appeal. Saranno le stesse che comprano più rossetto in momenti di crisi?

Ma a questo punto sarebbe divertente, tornando alla questione degli indicatori economici, fare il cosiddetto IAT (implicit association test), una tecnica per misurare la forza dei legami associativi tra concetti e misurare l’associazione donne/economia! Hai visto mai che usciamo dallo stereotipo che vuole noi donne meno brave in matematica, nelle materie scientifiche e in quelle economiche!  “Women are now the most powerful engine of global growth”, scrive l’”Economist”. Speriamo non sia solo una questione di tacchi e rossetti.

 

 

Commento

  • La matematica ha bisogno di razionalità “altre”, come dimostrano i grandi matematici folli. E quindi ha bisogno della razionalità femminile; ha bisogno che tornino le …streghe.

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