I tir di Ferragosto

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Il libro che mi porto sotto l’ombrellone ha un titolo che non lascia spazio a romantiche fantasia agostane:Le colpe dei padri. Alessandro Perissinotto dà forma al dramma personale e sociale di chi deve assumersi la responsabilità di smantellare una realtà produttiva. Un microcosmo che dà senso a tante vite. Chi ci mette la faccia, di solito, non è chi ha deciso. Chi si presenta in fabbrica per raccontare che le aziende stanno avviando piani di ristrutturazione (tradotto, le persone resteranno senza lavoro) è, con ogni probabilità, qualcuno che farebbe bene a trovarsi per primo un altro lavoro. Ristrutturazione è, comunque, un eufemismo. Nelle pagine del romanzo, l’autore sceglie il ponte dei Santi per dare inizio allo sviluppo della vicenda. La chiusura dello stabilimento è l’occasione per trasferire la produzione in Bosnia. Ferie obbligatorie per tutti e smantellamento in tempo record delle linee produttive. Al rientro dal ponte i dipendenti si scontrano con il vuoto dei capannoni. Ma questo è un romanzo. Fantasia, appunto. E invece no. Sono in vacanza al mare con la mia famiglia e quando mi sveglio mia mamma, molto più mattiniera di me, è già uscita e rientrata con i giornali. Sul Fatto Quotidiano di oggi, in prima pagina, la notizia: Beffa ferragosto: la fabbrica scappa in Polonia. L’azienda manda i 40 operai in ferie e di notte e carica tutto sui tir. Nel romanzo, almeno, l’autore sceglie il ponte dei Santi e il mese più triste dell’anno, novembre, per far sviluppare la sua vicenda. Nella realtà di questa azienda modenese, invece, gli artefici della ristrutturazione aspettano che i dipendenti si godano il ferragosto per trasferire gli impianti nell’est europeo. Sarebbe andato tutto liscio, non fosse che in un paesino di 34mila abitanti un via vai di tir non passa inosservato… Rappresentanti sindacali e dipendenti rientrano dalle vacanze e organizzano un presidio davanti alla fabbrica, o a quel che ne rimane. Nel romanzo il direttore di stabilimento, a cose fatte, si prende la briga di darne annuncio ai dipendenti. Nella realtà non sappiamo quale siano le intenzioni di chi governa un’azienda che lascerà 40 persone a casa. Pardon, non 40 persone, 40 famiglie. E le voci delle donne sono sempre più strazianti. Quelle sole, che provvedono con il loro lavoro ai figli, sono tante. Che il nostro occidente sia in crisi è una realtà, nessuno osa negarlo. Ma se alla crisi economica aggiungiamo la totale assenza di etica significa che ci stiamo lasciando travolgere da una degenerazione della gestione delle relazioni, affettive e lavorative, che farà molto male a tutti.

Commento

  • Max Weber andrebbe riletto con passione intellettuale ed emotiva sia quando, nell’ omonima opera, parla dell’etica protestante e dello spirito del capitalismo sia quando, in “Il lavoro intellettuale come professione” (1919), racconta la propria angoscia , e la propria impotenza di scienziato, per la crisi della civiltà occidentale. Weber fu letto e studiato dal gruppo di ” Rivoluzione liberale” di Piero Gobetti, nei primi anni ’20 del ‘900. Ecco: forse quello che in Italia ancora manca – e questa assenza spiega, non so quanto alla lontana, la vicenda di Modena – è proprio la rivoluzione liberale come atto di consapevolezza da parte di alcuni settori borghesia industriale delle proprie responsabilità di guida e di governo, non solo economico ma anche culturale ed ideale, dell’intera società e dell’intero paese. Una tale consapevolezza mi sembra sia emersa, però, nei comportamenti ben diversi di molti industriali emiliano-romagnoli in occasione del terremoto e dei troppi imprenditori che hanno vissuto la crisi come colpa e vergogna personali, fino al suicidio. Ci sono, dunque, anche nel tragico, motivi seri di ottimismo!

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