Il mare in tempesta

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Perfezionismo, poca autostima, perenne senso di inadeguatezza.
Giusto un paio di note caratterizzanti dell’universo femminile. Che tendono ad acuirsi ora che le organizzazioni stanno cambiando –hanno già cambiato– i loro paradigmi organizzativi. Siamo passati dal modello fordista al modello del ‘caos’, al mondo liquido, totalmente privo di ‘certezze organizzative’. I team si accorpano e si smembrano secondo le esigenze. I confini, anche all’interno del ben definito mondo aziendale, si sfumano, “le organizzazioni stanno inesorabilmente passando da modalità fordiste, centrate sulla chiarezza del ‘chi fa cosa’, legate a procedure ineluttabili e a risultati pianificati, al caos perenne delle turbolenze di mercato, del just in time, del gruppo che lavora insieme, invece dell’individuo sovrano. Un modo di lavorare che, per donne perfezioniste che invocano precisi confini, diventa una fonte di stress immensa”. Oddio, se dovessimo dar retta alle neuroscienze, le donne dovrebbero al contrario essere avvantaggiate in questo scenario. Grazie alla diversa conformazione del corpo calloso, che permette all’emisfero destro del cervello –responsabile delle nostre attività creative– di comunicare più facilmente con l’emisfero sinistro –depositario della razionalità– il nostro pensiero dovrebbe essere il risultato di maggiori connessioni tra i due emisferi. Quindi saremmo più creative e più facilmente adattabili. Tornando alle organizzazioni, prosperano realtà che hanno da tempo detto addio alla foto sulla scrivania con annesso cactus. Si arriva in ufficio e ci si accomoda in funzione delle attività da svolgere, con la squadra del momento. Tanto la tecnologia ormai lo consente da anni. Grazie al VoIp (la voce che passa sul protocollo internet) chiunque è reperibile in azienda indipendentemente dalla postazione. Gli è sufficiente digitare un codice sul telefono e la sua collocazione fisica, e anche geografica, diventa irrilevante. Affascinante. Il fatto è che oltre a cambiare scrivania dobbiamo essere in grado di modificare il nostro approccio al lavoro. Si parla di life long learning. E si dà per scontato che si applichi, con costanza, tutto quello che stiamo imparando in contesti sempre nuovi. Sennò a che serve… Sfidante, ma anche spiazzante e leggermente ansiogeno. Giusto per aggiungere un po’ di sale ai difetti di cui sopra. Anche perché poi noi donne, quando torniamo a casa, dobbiamo per forza tornare a confrontarci con modelli certi, con la chiarezza del ‘chi fa cosa’. Per la verità, negli ultimi anni si è cercato di sperimentare il modello del caos nella famiglia. E i risultati sono qui da vedere. Ma ci pensate? Arrivate a casa alla sera e il vostro marito/ compagno è allegramente ai fornelli con la vicina del piano di sopra che sta sperimentando ‘nuove modalità collaborative di cucina condominiale’. E poi dicono che nei condomini si litiga… Insomma, le nostre aziende ci richiedono continue sperimentazioni, nuove modalità di lavoro collaborativo mentre nel privato, almeno in quello, abbiamo bisogno di certezze. Un bello stress. Metà giornata a bordo del caos, nel mare in tempesta, cercando di governare un timone impazzito e l’altra metà, diciamocelo, cercando di non far naufragare la zattera. Perché mentre il mondo intorno a noi si fa liquido, la vicina del piano di sopra si è confezionata una bella sesta. E noi, hai voglia a remare…

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