Il lavoro e la vita vera

, , , ,

Laura Pausini aspetta un bimbo e annulla – comprensibilmente – tutti i concerti in programma. Una foto la ritrae con un filo di pancia e un viso che trasmette una serenità interiore che la gravidanza e credo pochi altri eventi riescono a infondere in una donna. La cantante italiana più famosa al mondo si allontanerà, per un po’, dai milioni di fan per dedicarsi a quel meraviglioso progetto che è dar vita a una nuova vita. Del resto è comprensibile, la ragazza ha 38 anni, e saltellare ore e ore su un palco non è proprio un’attività che si concilia con una gravidanza. Ma il tema non è questo. Barbara Palombelli commenta su Vanity Fair il lieto evento con una frase dalla quale prendo le distanze. La giornalista scrive che la cantante non potrà presenziare al concerto dell’Emilia in programma oggi. Come tutte le vere regine – scrive –  e le persone che sanno mettere la vita vera sopra il lavoro, Laura sparisce. Ecco le frasi che non vorrei, e che non abbiamo bisogno di leggere. Ma il lavoro non è la vita? Finché continueremo a considerarlo ‘altro’, qualcosa di necessario ma dal quale staccarsi il più rapidamente possibile per cominciare finalmente a vivere, non risolveremo mai il dilemma di come tenere insieme tutti i pezzi delle nostre vite. Finché continueremo a ragionare in termini di separazione tra quello che siamo e quel che facciamo per guadagnarci da vivere, difficilmente potremo aspirare a portare sul nostro viso un’espressione che, anche solo lontanamente, si avvicina a quella serenità che si legge sul volto di chi porta dentro di sé il progetto più grande.

Comments (14)

  • Ciao, mi chiamo Tiziana, e sono una mamma che parte alle h 7.45 da casa e rientra tutti i giorni alle 19 quando va bene e quando va “normalmente” alle 20.
    Ho due bimbi di 4 e 5 anni, un marito, e una baby sitter.
    La mia vita, a oggi è pressochè un inferno, nutrito di sensi di colpa, che questa società italiana, davvero poco brillante nei confronti delle donne, alimenta.
    La scorsa settimana, sono stata apertamente e pubblicamente criticata da una pasticcera, che non capiva il motivo per cui ho fatto ben due figli.
    Non sono riuscita a bere neppure il caffè… e me ne sono tornata a casa con le lacrime agli occhi.
    Quello che in assoluto, non comprendo e non giustifico è la “beffa”… io sono disposta al sacrificio (non certo perchè ne godo o perchè mi piaccia), ma non tollero più le “prediche”…
    Mi spezzo in 4 di giorno, perchè lavoro in un ambiente prettamente maschile (sono uno dei pochi periti elettronici di tutta l’Italia), torno a casa e gestisco i bimbi, la cena, riordino la casa, e preparo il tutto per il giorno successivo… organizzando l’attività della baby sitter, oltre alle attività sportive e propedeutiche extra tempo pieno dei miei figli… finisco la mia giornata verso le 24, per rialzarmi alle 6.
    Non pretendo un premio, ma un po’ di riconoscimento si!
    Invece… invece, la maggior parte delle persone che incontro, criticano la mia vita e la vita di tutte le donne che in generale, lavorano full time… criticano quello che loro definiscono, uno scarso senso “materno” e nel mio caso criticano il fatto che faccio un lavoro da “uomini”; in quanto allo Stato, quello con la “S” maiuscola, quell’entità che dovrebbe preoccuparsi del fatto che la nostra natalità è quasi pari a zero o comunque, ampiamente superata dall’anzianità… beh, quello “stato” è inesistente… servizi zero, agevolazioni economiche zero… c’è una miopia che spaventa e deprime… che MI deprime!
    Poi però, quando incontro virtualmente, le realtà di quelle donne, che alla faccia di tutto e tutti ce l’hanno fatta… che hanno raggiunto i vertici o comunque un’egregia posizione, sapendo gestire e coniugare lavorocarrierafamiglia, beh… mi rincuoro, certa che queste “eroine” sapranno essermi da stimolo e sapranno anche solo con la loro esperienza, sostenermi psicologicamente impedendomi di sentirmi sola…
    Penso che proprio quest’ultimo aspetto, la solitudine, sia deleterio per noi donne.
    Dobbiamo saperci “unire”, nei bisogni, nelle esperienze e nelle carriere, solo così sapremo essere ancora più forti e sapremo superare le difficoltà con molta meno fatica, ma soprattutto con molti meno sensi di colpa!

    • Cara Tiziana, mi permetto un consiglio. Si lasci scivolare addosso le critiche se, oltretutto, provengono da una sfera di cui può ‘non curarsi’ con grande serenità (vedi la pasticcera). Chi critica la mamma che lavora o non ha strumenti per capire il presente (altro buon motivo per trascurare il giudizio) o vorrebbe restare ancorato a un modello che non esiste più. La nostra società ha bisogno dell’impegno di tutti, mamme comprese. Vogliamo rinunciare a fare i figli? Non sarà che di senso materno ne abbiamo talmente tanto che per nulla al mondo vogliamo rinunciare ad essere anche madri, oltre che persone che hanno scelto un percorso professionale. Un percorso che magari contribuisce ad alimentare il lavoro di altri e questo, lo dico a quelli che criticano, significa far crescere l’economia. Da ultimo, i suoi figli avranno bisogno di una mamma che lavora, che contribuisce a farli sentire al sicuro (anche economicamente, e questo non è poco), che è in grado con la professionalità che ha raggiunto di fornir loro uno sguardo non convenzionale. Una mamma che li aiuti a superare gli stereotipi, di cui purtroppo la nostra cultura è ancora largamente intrisa. Provare sensi di colpa è tipico di noi mamme, guai se non ci fossero. Vorrebbe dire che abbiamo perso noi stesse. Ci costa fatica. Ma i nostri figli, quando saranno grandi, avranno stima e capiranno la mamma è passata in pasticceria a comprare il dolce anziché cucinarlo lei.

      • Grazie! Mi ha fatto veramente bene “leggerla”… a volte basta anche solo la condivisione e in una cosa lei ha assolutamente ragione… devo lasciare andare i commenti di poco conto, quei commenti di chi non sa guardare la realtà, né tanto meno guardare avanti.

        • Tiziana hai tutto il mio affetto e la mia stima, anche io sono una mamma che si divide tra il lavoro che ama e la sua famiglia. La mia vera fortuna è di avere una squadra che mi aiuta e mi supporta a partire dal marito, con cui condivido oneri e onori, e 4 nonni pronti a prendersi cura del mio piccolo. Anche io mi sento spesso dire che sono una madre snaturata, non ti dico ora che mando mio figlio a 7 mesi al nido invece che lasciarlo alle amorevoli cure dei nonni, ma devi fregartene. Ragiona con la tua testa e con il tuo cuore e regala ai tuoi figli una mamma felice e soddisfatta. Parla a cuore aperto con tuo marito, molto spesso loro danno semplicemente per scontato che tu lo faccia ma non si rendono conto dello sforzo immane, e, altrettanto spesso, è colpa anche nostra che non siamo capaci di chiedere aiuto 🙂 Forza Tiziana siamo tutte con te.

        • Forza Tiziana,

          le faccio i miei complimenti, non sa quanto la capisco e condivido i suoi pensieri.
          Ho adottato un figlio 20 anni fa, ho quasi dovuto mentire a me stessa e agli altri per il fatto che avevo un lavoro impegnativo da capo progetto IT in una azienda al maschile e con una professione di informatica così lontana dagli stereotipi della “femminilità”… quella spicciola intendo!
          Sono spesso stata criticata dagli estranei ma anche in famiglia dalla classica sorella casalinga benestante che mi dava dell’incosciente per avere adottato un figlio. All’epoca le leggi erano diverse e ho avuto diritto a soli 3 mesi di maternità poi sono tornata al lavoro, ma allora il part time non si dava e quindi subito a tempo pieno.
          Un inferno come lei dice per anni… casa, lavoro, trasferte, baby sitter… per fortuna mio marito mi ha aiutato e ce l’abbiamo fatta.
          Ora mio figlio ha 25 anni, è un po’ immaturo forse per la sua storia ma come tanti altri ragazzi italiani, in ogni caso e’ dolce, affezionato e felice, sempre allegro e solare.
          Mio marito due anni fa ha perso il lavoro e grazie al mio solido stipendio si e’ messo a lavorare in proprio e ancora una volta ce la stiamo facendo.

          Cosa sarebbe successo se allora avessi mollato?

          • Complimenti Alessandra! Più che consigli credo che Tiziana abbia bisogno di esempi di persone che come te ce l’hanno fatta. Auguro a tua sorella casalinga e a tutti quelli che ti hanno criticata di essere felice e realizzata quanto lo sei tu.

    • Tiziana accidenti ! io ho un figlio solo ma ti capisco, a volte ho i sensi di colpa ma sono fortunata perchè ho dei gran nonni. Mio figlio ha 11 anni è l’altro giorno mi ha rinfacciato che non c’ero quella volta che lui ha segnato in una partita di palla nuoto… peccato che tutte le altre volte c’ero. Vabbè la vita di una donna che ama i suoi figli ma anche il suo lavoro è così. Per me sei grande e se questo paese avesse un po’ più di donne che lavorano in lavori “maschili” sarebbe un paese migliore, con bambini meno viziati e più autosufficienti. ciao 🙂

  • Brave! A volte si ha solo bisogno di un attimo di comprensione per poter ripartire, e in questo le donne sanno essere bravissime: sappiamo che quando un’amica ci racconta dei suoi problemi, spesso non è per trovare a tutti i costi una soluzione, ma per condividere un attimo di sofferenza, di incertezza, di paura… e leggere negli occhi dell’amica comprensione e affetto ti danno l’energia sufficiente per andare avanti! Siamo fatte così: capaci di lavorare dodici ore di seguito e di trovare anche il tempo per passare dalla pasticceria ( pero’ Tiziana facci una cortesia: cambia bar!), occuparci della casa, pianificare le giornate, ascoltare i bambini… E se ogni tanto “crolliamo”, ricordiamoci che siamo umane e i supereroi esistono solo nei film!!

  • Dall’ultima volta che ho scritto non ho più avuto il tempo di collegarmi e di “leggervi”…
    GRAZIE, GRAZIE e GRAZIE!!! Mi fa un immenso piacere l’aver condiviso e condividere ancora con voi e con chi vorrà aggiungersi… le mienostre esperienze.
    Per inciso io sono un perito elettronico “mezzo ingegnere”, e per la precisione mi occupo di informatica…mi sono riconosciuta molto in quanto ha scritto Alessandra.
    Ora, il bar non lo cambio…innanzitutto perché fanno delle pastine eccellenti e poi perché, in qualche modo, ribaltando la prospettiva, e andandoci con un umore diverso dall’ultima volta in cui ci ho messo piede, sono sicura che ci si può sentire eroine ancora di più se si persegue il mio credo, mi permetto di dire, il nostro credo, cioè quello di voler e poter essere professioniste e madri!
    Mi preme però continuare a sottolineare che è lo STATO che deve proporre ma soprattutto attuare delle politiche al “femminile”…l’idea delle quote rosa, può non essere edificante sotto un certo punto di vista, ma in Italia a mio avviso è l’unica possibilità che abbiamo.
    Prendiamo il ced nel quale lavoro da oltre 12 anni… quante donne ci sono?! Quante donne responsabili?! Intendo dire, con almeno un ruolo di “quadro”…NESSUNA!!!
    E credetemi, non solo perchè di “interne” rappresentiamo una percentuale tendente a zero, ma soprattutto perché i nostri dirigenti vogliono relegarci a ruoli “inferiori”…quando sono rientrata dalla seconda maternità mi è stato detto che infondo potevo tranquillamente mettermi il cuore in pace, perché visto che avevo fatto due figli, il mio doveva essere un ruolo in primis di mamma e poi se avanzava tempo di tecnico.
    E tutto questo senza aver mai chiesto il part time!!!
    E tutto questo da un’azienda che sponsorizza un sacco di articoli per i bimbi…fantastico!
    Ma i bimbi, quei consumatori proficui per tante imprese, chi li fa?!
    Personalmente ho capito, che NON è possibile porre il ragionamento su di un piano razionale, e che quindi l’unica via in Italia per poter avere degli spazi è quella delle quote rosa.
    Ora chiudo, a risentirci presto.
    Continuerò a leggervi e a collegarmi a questo sito, nella speranza di poter dire anch’io un giorno…ce l’ho fatta ad arrivare dove voglio arrivare!

  • Ciao a tutte!
    Rieccomi qui, dopo aver letto un commento di Chiara, che riflette il pensiero di tante e tanti, ovvero sia che una donna se lascia il lavoro, lascia perchè in fondo NON è così convinta di ciò che sa fare eo forse preferisce stare a casa con i figli.
    Dal mio osservatorio, posso affermare che si, può essere vero, ma non lo è sempre!
    Tante delle mie colleghe, hanno lasciato il lavoro perché costrette… costrette da motivi organizzativi, economici, e per ultimo ma NON per importanza, AZIENDALI.
    A me piace essere molto concreta, pragmatica e fare, come diceva il mio amatissimo professore di Meccanica, i conti della “serva”, ovvero quei conti “pratici” che conditi con buon senso, non ti fanno sbagliare a prescindere dai “formuloni”.
    Non tutte godono di stipendi sopra i 2.000 euro, e chi di euro ne prende 1.000 o anche 1.500 a meno di nonni e suoceri e zii e chi più ne ha più ne metta, NON può permettersi una baby sitter che viaggia come minimo a 9 euro all’ora.
    Una baby sitter che tenga i figli dalle 16 alle 19, guadagna almeno 600 euro al mese, aggiungici le giornate di sciopero scolastico, malattia dei bimbi, chiusure festive scolastiche, e straordinari dei genitori per cui mamma e papà NON rientrano a casa prima delle 20 (se va bene…), e la cifra sale ad una media mensile di 800/850 euro, più ancora mettiamoci qualcuno che aiuti la “mamma” in questione, almeno 2 o 3 ore a settimana nelle faccende domestiche, si va ad altri 100 euro come minimo in più… e siamo già arrivati a circa 1.000 euro di spesa mensile.
    Ora una persona che NON gode di flessibilità negli orari e che guadagna circa 1.200 euro al mese, si interroga spesso e spessissimo sul “chi gliela fa fare”. Di far allevare i bimbi ad un’estranea, aggiungiamoci pure le critiche a lavoro di capi che NON comprendono e non sanno guardare oltre e che magari negano il permesso in caso di un febbrone a 40° del figlio, ovvio è che se non si ha un carattere di FERRO, si desiste e via si cede al licenziamento.
    Mi chiedo però, perché una DONNA debba avere per forza un carattere di ferro per tenersi un posto di lavoro, PERCHE’?!
    Perché deve avere un carattere di ferro, una capacità sopra la media di affrontare gli stress, debba saper dimostrare più degli uomini le proprie capacità e le proprie competenze, PERCHE’?!
    Se dopo tutto questo, comunque ricopre nella media degli impieghi, ruoli inferiori rispetto agli uomini?!
    E ancora, PERCHE’, gli uomini, possono permettersi di essere più deboli, più incompetenti, più distratti e più smemorati di noi donne, pur mantenendo carriere e RAL che noi donne ci sogniamo?!
    Anche questa è l’ennesima ingiustizia nei confronti delle donne, di tutte, tante donne che hanno la passione ma che non sempre hanno la tenacia… ancora una volta dall’uomo si accetta il “difetto”, dalla donna si pretende invece “carattere” con la C maiuscola!
    Io ho quasi 44 anni ed è da 30 anni, che lotto contro questi atteggiamenti… esattamente è da quando nel lontano 1983 cominciai l’ITIS.
    Il mio problema non sono mai state le discipline tecnico-scientifiche, visto che all’epoca presi ben 3 borse di studio per meriti scolastici, alla faccia di certi professori che sostenevano che in quanto donna non ce l’avrei mai fatta… il mio problema è sempre stata “l’integrazione di mentalità”.
    La “mia” sensibile e algida al contempo e quella dei “maschi” non coetanei però dei maschi adulti e cioè della classe insegnanti e dei successivi titolari e dei successivi dirigenti responsabili.
    Tutti sono sempre partiti da presupposti atavici, arcaici in cui le donne semplicemente non c’erano, e solo la mia metà caratteriale che definirei di ghiaccio per freddezza e ma non per durezza, mi ha permesso di andare avanti come un caterpillar, ma non tutti eo non tutte siamo uguali e per concludere non vedo perché un uomo possa essere mediocre (per estremizzare) e fare carriera ed una donna invece no!
    Anche questo è un aspetto della nostra cultura che va debellato, il problema è: quanto ci vorrà? Quante altre generazioni?!

    • Tiziana si domanda quanto ci vorrà per cambiare un impianto culturale radicato. Non posso azzardare previsioni. Posso solo constatare che ci sono stati piu’ cambiamenti negli ultimi 50 anni che negli ultimi 5 secoli. La tecnologia ha rapidamente cambiato la nostra vita, ma non altrettanto rapidamente possiamo pretendere di cambiare modi di pensare, abitudini, atteggiamenti radicati. Soprattutto se un certo modo di intendere la vita, la famiglia, la società, tutto sommato fa comodo. Al nostro stato fa molto comodo che sia la famiglia a badare a stessa. Così le istituzioni possono continuare a occuparsi d’altro. Ma intanto il nostro pil decresce vertiginosamente, la natalità non ne parliamo nemmeno e siamo tutti piu’ poveri. Ecco perché le donne, se ce l’hanno, non devono lasciare il lavoro. Certo, all’inizio del cammino si guadagna poco, ma a furia di ragionare a breve termine non si va da nessuna parte. Quelle donne che ora guadagnano poco piu’ di mille euro al mese, quando i figli saranno più grandi avranno fatto salti retributivi in avanti. E i figli hanno bisogno di genitori che lavorano. Ora che il dramma dei nostri giorni e’, appunto, la crisi del mercato del lavoro, l’occupazione va difesa. Perché il lavoro rappresenta una forma di protezione per il nostro nucleo, e pazienza se all’inizio sarà necessario girare lo stipendio alla baby sitter. I figli poi crescono e la baby sitter non serve più. A quel punto, se ci siamo tenute il lavoro, potremo guardare indietro con soddisfazione. Ma soprattutto potremo guardare avanti con piu’ fiducia.

  • Condivido in pieno gli interventi, e leggerli mi ha dato una bella iniezione di fiducia. E’ vero, come scrive Chiara Lupi, occorrerebbe riuscire a guardare i sacrifici e le acrobazie quotidiane in prospettiva, prima di dare tutto perso. E anch’io, un lavoro, due figli, ma un marito sempre insoddisfatto a fianco, mi sento talmente in preda all’ansia di dovere fare tutto -e bene- che perdo di vista l’obiettivo principale. Forse, chissà, dipende dal fatto che diversamente da alcuni commenti precedenti, non posso contare su un partner comprensivo. Le mie ambizioni gli sembrano ridicole, e il problema è che viviamo in un contesto in cui è comunque faticoso seguire le proprie ambizioni. Penso alle nostre nonne e a quanta strada è stata fatta: ma alcune volte, anche a quella che ci resta da fare!

  • Sono felice di aver trovato i vostri post. Sono una mamma che lavora, ho 28 anni, un bimbo di 2 e faccio un lavoro piuttosto “mascolino” a 70 km da casa. Ogni giorno parto la mattina alle 8 per rientrare alle 19.30, essermi sciroppata 140 km di strada, 8 ore di lavoro in mezzo alle raffinerie di petrolio, contratto da 24 ore settimanali e uno stipendio mooolto al di sotto dei 1000 euro. Chi me lo fa fare? Ci penso spesso, soprattutto quando, chi mi dovrebbe supportare anche psicologicamente, come mia mamma, non fa altro che criticarmi e sottolineare che io “non ci sono” e “non mi prendo cura del mio bambino perchè non m’importa”. Paghiamo l’asilo nido, la baby sitter, la domestica e abbiamo un mutuo di 30 anni sul collo, questo me lo fa fare. Me lo fa fare il disagio che provavo quando stavo a casa tutto il giorno, piangendo perchè mi sentivo “inutile” lavorativamente parlando, perchè ho sviluppato un’allergia da stress nel periodo della mia disoccupazione ed ero sempre irritata col mio bambino. Adesso sono stanca, stanchissima e un pò triste perchè fatico a fare tutto ma resisto, adoro giocare col mio piccolo, preparargli la cena e vedere i cartoni con lui, ma sono sicuramente più serena. E’ triste essere criticati duramente, ti rende tutto più difficile quando invece sarebbe più bello aiutare la famiglia e trovare un equilibrio, per tutto e per tutti. Vi abbraccio tutte.

  • Cara Valentina, suo figlio ha bisogno di una mamma serena, non di una mamma che guarda i cartoni con lui con i lacrimoni che scendono. Ora e’ tutto molto faticoso, ma poi gli asili nido, e anche le baby sitter, serviranno meno. Mentre a suo figlio servirà una mamma che può, anche con il suo lavoro, contribuire al benessere di tutta la famiglia. Prosegua per la sua strada, anche se faticosa. Scegliere ora la strada apparentemente piu’ facile, assecondando chi la rimprovera, può rivelarsi un errore. Dovesse mai cambiare idea in futuro, dovrà percorrere un cammino molto piu’ in salita. Auguri!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Cookie Policy | Privacy Policy

© ESTE Srl - Via Cagliero, 23 - Milano - TEL: 02 91 43 44 00 - FAX: 02 91 43 44 24 - info@este.it - P.I. 00729910158

logo sernicola sviluppo web milano