Il bisogno di infinito

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Mancano riferimenti, modelli. Manca il lavoro. E ci manca il coraggio di osare. In quest’elogio dell’assenza chi ha una storia da raccontare bene che lo faccia. Bene che si spenda in prima persona per raccontare e raccontarsi. Abbiamo bisogno di modelli ai quali ispiraci, ci serve immedesimarci in qualcuno che ci ispiri fiducia che, dotato di quella buona dose di coraggio di cui molti di noi sono privi, abbia saputo costruire. Una famiglia, un’azienda. Ci serve qualcuno che, come una mamma che sgrida i figli quando stanno troppo tempo davanti al televisore, ci dia uno scrollone e ci imponga di spegnere il video e guardare alla realtà. Ecco, nelle pagine del libro che ho letto questa settimana credo proprio di averla trovata questa mamma. Che vanta a pieno titolo questo appellativo visto che di figli ne ha quattro più due in affido: Marina Salamon. Di aziende ne ha fondate, acquistate, startuppate, ben di più. A dimostrazione che basta smetterla di intorpidirsi davanti al televisore, basta avere il coraggio di guardare a quel che c’è e immaginare quel che si potrebbe fare per costruire qualcosa. Che sia un’azienda o una famiglia. L’importante è liberarsi dalla paura, non rimanere ostaggio di spirali di negatività che troppo facilmente si impadroniscono del nostro animo e ci paralizzano. Ecco questo è proprio il momento in cui restare paralizzati è pericoloso. Questo è il momento per aggrapparsi a un sogno e cercare di realizzarlo.

MS ‘Credo nel potere dei sogni’, il libro che Marina ha appena dato alle stampe –Dai vita ai tuoi sogni, Mondadori inizia così. Può sembrare un incipit retorico. Ma bastano poche righe per comprendere che di retorica c’è ben poco. Questo libro è un condensato di vita. E di energia. Marina non si limita a raccontare la storia di un’imprenditrice. Marina parte da sé. Dietro un’idea, e naturalmente anche dietro a un’idea di business, c’è sempre una persona. E questa persona attraverso le pagine del libro si mette a nudo. Scoprirsi è sempre una scelta difficile. Spesso la paura di essere giudicati prevale, e si preferisce mostrare il lato spavaldo di sé. L’autrice avrebbe potuto partire dai successi che ha collezionato fin da giovanissima, fondando un’azienda di abbigliamento per bambini che in poco tempo è diventata grande, proseguendo con la narrazione del suo percorso da imprenditrice di successo. Invece la storia della Marina imprenditrice si interrompe e, grazie alla sua penna coraggiosa, il lettore viene catapultato nel suo privato. Un privato drammatico, perché una donna che decide di vivere in solitudine la maternità sopporta un grande dramma. Se poi la madre viene privata della gioia di tenere in braccio il suo bambino appena nato in seguito a lunghe terapie intensive, questa madre uscirà dall’esperienza con una forza straordinaria. “Se non fosse stato per la maternità non avrei mai imparato a chiedere aiuto. Né avrei mai trovato un modo nuovo di essere capo” scrive. Riporto la frase perché la maternità ci cambia, in meglio. E può consentire di immaginare nuovi stili di leadership, nuove strade nell’organizzazione del lavoro se solo non ci si lascia sopraffare dalle insicurezze, dalla paura di essere costantemente inadeguate, al di là di ogni ragionevole riscontro con la realtà. Riporto l’esperienza personale, intima, che l’autrice ci regala perché come lei stessa scrive, non possiamo essere quel che siamo solo dalle 18 in avanti. E ‘l’essere genitore, se sei onesto, ti muove l’anima’. Il nostro presente, drammatico, perché si sono sgretolati i riferimenti, perché abbiamo paura, perché le nuove generazioni stanno crescendo senza speranze, ha bisogno di imprenditori che vivano il loro ruolo con quello spirito da civil servant, ormai dimenticato. Uno spirito votato alla costruzione di valore e non all’accumulo di capitali dal regalare alla speculazione finanziaria. Gli imprenditori hanno una responsabilità verso le nuove generazioni, hanno il dovere di costruire business in un contesto non slegato dall’etica, hanno il dovere di generare sviluppo. Certo, il nostro contesto non aiuta. Come mi raccontava un imprenditore che si è fatto conoscere al mondo con le sue cravatte, Maurizio Marinella, fare impresa oggi è complicato, fare impresa in Italia una missione che rasenta l’impossibile, fare impresa a Napoli è qualcosa ai confini della realtà. Anche le istituzioni ostacolano in tutti i modi il ‘fare impresa’. La ricerca del consenso nel breve periodo ostacola scelte impegnative e scomode. I nostri rappresentanti sono incapaci, o non vogliono, immaginare un orizzonte lungo, una meta ambiziosa, che può richiedere sacrifici ora ma che potrebbe dare speranza a chi verrà dopo di noi. Volatili intelligenti, li definisce l’autrice, ma incapaci di alzarsi in volo. Una miopia dilagante che continua a tenere ostinatamente distante il mondo accademico dal mondo del lavoro e sostiene un sistema universitario che continua a proteggere antichi equilibri di potere. Ha senso un sistema che crea laureati ma non fornisce garanzie sul futuro? Il buon senso suggerisce di no. Ci aspettano anni complicati, scrive Marina. Ma la narrazione che ha deciso di condividere ci testimonia che cambiare le cose è possibile. Dipende da noi, da quanto siamo disposti a lasciarci emozionare. Da quanto saremo capaci di mettere al centro il nostro bisogno di infinito.

Marina Salamon sarà tra i relatori della tappa di Verona del nostro ciclo di eventi dedicati alle risorse umane mercoledì 25 a Verona. Vi aspettiamo. Agenda al link: http://www.runu.it/index.php/verona/

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