Figli in lista d’attesa

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Secondo  una ricerca di Korn/Ferry su donne manager e maternità, circa il 45% delle donne dirigenti d’azienda è convinta che avere figli abbia ostacolato “abbastanza” le prospettive di crescita della carriera. Un altro 8% ritiene che la maternità abbia in “grande misura” limitato la carriera. Sempre secondo il sondaggio e come ulteriore prova della sfida, il 29% delle donne intervistate hanno rinviato (19%) o hanno deciso di non avere figli (10%) per le loro carriere.

Per quel che riguarda me, se non ci fossero i miei figli non esisterebbe probabilmente nemmeno questo blog. Certamente non avrei scritto i miei libri. E voi?

Comments (6)

  • Statistiche a parte, credo che un figlio possa solo arricchire e rendere anche più “produttive” le mamme che lavorano. Io ho avuto il mio tardi, non per motivi legati alla carriera, ma perché la vita spesso decide per noi e sono convinta che la mia testa e la mia creatività non siano andate in pensione con la maternità. Anzi, il multi-tasking, sebbene faticoso, ci rende più lucide, pratiche e impegnate. Le aziende dovrebbero iniziare a capirlo…

  • Le aziende più lungimiranti già l’hanno capito e portano i primi risultati, positivi. Da quelle, quando si può, bisogna prendere esempio. Nello spazio dedicato alle interviste racconto molte storie positive. Ce ne sono tante, per fortuna. L’importante è condividerle.

  • Personalmente sono d’accordo sul fatto che i figli arricchiscano la vita, diano nuove energie e tenacia nell’affrontare gli impegni di tutti i giorni e spesso rendano di conseguenza le donne ancora più produttive ed organizzate.
    Tuttavia, credo che siano ancora pochi i contesti lavorativi in cui la maternità (ed il successivo rientro al lavoro) non è vista sostanzialmente come un problema. Di conseguenza, non posso che ritenere veritieri i risultati della ricerca citata… ad oggi la situazione è ancora questa.

  • Vedere la propria schiavitù lavorativa come mezzo per realizzarsi è completamente folle. Ma vedere la maternità come un ostacolo alla propria schiavitù lavorativa è demoniaco.

  • “Forse certe donne non sono fatte per essere domate, forse hanno bisogno di restare libere finche non trovano qualcuno di altrettanto selvaggio con cui correre”.
    Questa citazione, poco erudita, ma credo calzante, è sufficiente per spiegare come la penso.
    I punti cruciali credo siano due:
    1) decidere se si ha voglia di correre o se si preferisce andare a ritmo di crociera.
    2) nel caso prevalga la voglia di “correre” occorre trovare qualcuno che non senta l’esigenza di DOMARE, ma che apprezzi e trovi il bello nello “slancio”.

    Nessuna delle andature è migliore dell’altra, la questione è capire se si procede (o si sta fermi) fianco a fianco o se uno de due resta indietro.

  • Tralasciando folli e demoni, esistono persone – e qui il genere non c’entra – che amano il proprio lavoro. Capita, che si diventi schiavi delle proprie passioni. A volte questo puo’ rappresentare un limite, a volte invece un’opportunita’. Conosco persone appassionatamente schiavizzate che hanno saputo creare, o hanno contribuito a far crescere, imprese straordinarie. Se questi appassionati-schiavizzati appartengono al genere femminile e decidono di fare un figlio, nel nostro Paese tutto si complica. Caro Mario, grazie per aver voluto inserire la sua voce in questo dibattito che, spero solo in questa prima fase, catalizza prevalentemente l’attenzione delle donne.

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