Comfort da spiaggia

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Ho viaggiato molto di più quando ero più giovane di quanto non stia facendo ora. A un certo punto mi sono impigrita e ho voluto per me e i miei figli un posto dove poter tornare spesso e sentirmi a casa. È così che anni fa ho scelto una casetta sulle alture di un paesino ligure ed è qui che ci ritroviamo ogni estate con la mia famiglia. E con gli amici di sempre. Tutti con l’ombrellone nella stessa postazione. Uno status quo che si cerca di mantenere inalterato a dispetto del mondo che cambia intorno a noi, un cambiamento che si riflette anche nell’assetto degli ombrelloni nella nostra spiaggia.

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Si sono già iniziati a intravedere cenni di diserzione da parte di famiglie che prenotavano il posto tutta la stagione. Il vicino d’ombrellone è una specie a sé, una sorta di categoria protetta, nel senso che cerchiamo in ogni modo di scongiurare il pericolo che il vicino in questione decida di disertare la spiaggia per raggiungere ben più esotiche destinazioni. Le indagini partono per tradizione a Pasqua: ognuno di noi va in avanscoperta alla direzione dei bagni per assicurarsi il posto, rigorosamente sempre quello, rigorosamente di fianco all’amico di sempre. Sempre più spesso capita però che una nuova famiglia faccia capolino in un ombrellone vicino. Se ci sono bimbi piccoli si prospettano giorni da incubo. Schiamazzi, genitori insofferenti, sabbia che vola… Come quando nei lunghi viaggi speriamo non ci capiti la mamma con il neonato che strilla tutto il tempo, allo stesso modo cerchiamo di difendere uno status quo che ci siamo faticosamente costruiti. Il punto è che, se comprensibilmente cerchiamo una tranquillità che dove ci sono bimbi piccoli è difficile garantirsi, in genere, cerchiamo di evitare di avere vicino chi è diverso da noi, tendiamo istintivamente a ricreare situazioni conosciute. La ricerca della zona di comfort non ci abbandona nemmeno in vacanza. Forse anche per stanchezza, quando viaggiamo preferiamo non avere accanto nessuno piuttosto che immaginare di dover intavolare una conversazione che non sappiamo dove ci porterà, magari in un’altra lingua… Facciamo tanti ragionamenti sul cambiamento organizzativo, abbiamo anche pubblicato un manuale (http://www.este.it/editoria/libri/view/20:cambiamento-organizzativo-pratiche-competenze-politiche.html) e organizzato convegni sul tema, ma sono tutte riflessioni che trovano un senso se anche nel nostro quotidiano accettiamo di confrontarci con piccoli cambiamenti, se lasciamo vecchie abitudini, se ci poniamo nella predisposizione di accettare che un nuovo vicino d’ombrellone avrà una storia da raccontarci e che questa storia sarà fonte di arricchimento. Il cambiamento, nella nostra vita professionale, si traduce nel fatto che sempre più viviamo nelle nostre aziende come nella commedia dell’arte, dove la coreografia è improvvisata, e solo la ricchezza dei copioni che abbiamo ci consentono di trovare la soluzione più adatta. Le procedure lineari sono illusioni e servono metafore, capacità interpretative sempre nuove. E queste capacità si allenano se accettiamo di confrontarci con chi è diverso da noi e se siamo disponibili a metterci in ascolto, a condividere nuove narrazioni, a cambiare prospettiva e accettare di cambiare un punto di vista. Fa eccezione l’atteggiamento verso il vicino molesto con annessi pupi urlanti. Qui nulla cambia, l’educazione è un principio universale, un po’ fuori moda, purtroppo. Si ha la sensazione che esistano ‘zone franche’ all’interno delle quali tutto è permesso. Il metro quadro di spiaggia sotto l’ombrellone a volte ho la sensazione che sia una di queste. Non è così. Ma serve una campagna di sensibilizzazione. Buone vacanze.

 

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