La responsabilità delle madri

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Il 9 ottobre a Padova parleremo di imprese familiari. Mi confronto a distanza con un relatore che si trova negli Stati Uniti. Ci scambiamo una telefonata e qualche mail per condividere il tema e commentiamo il fatto che l’imprenditorialità deve coniugarsi con la managerialità e questo, quando ci sono affetti di mezzo è il punto più delicato. Al giorno d’oggi, mi scrive l’imprenditore, non possono più esistere imprenditori puri, devono tutti essere manager, nel senso della gestione delle persone. Gestire il business è relativamente semplice, gestire le persone è la vera complessità. Ma nelle imprese familiari, come si trasmette la passione per il business? E poi, è corretto farlo? Abbiamo l’autorità per indirizzare i figli verso la nostra attività? Le domande restano aperte ma se la conversazione, seppur a distanza, coinvolge i figli mi sento subito più competente e trovo immediatamente un argomento per replicare. Dico sempre che le donne hanno una grande responsabilità, soprattutto verso i figli: possono trasmettere la passione nei confronti di un percorso, l’importanza di portare avanti un progetto. L’imprenditore che mi scrive in volo per Minneapolis (un volo con il WiFi, roba da fantascienza per molti di noi) condivide con me, sostiene fortemente – con un velo d’ingenuità, ammette – l’impostazione della famiglia matriarcale. Una madre è dotata di una forza incredibile assolutamente non paragonabile a quella di un padre! 
Al link http://www.este.it/res/convegno_edizione/eid/85/zid/130/p/ trovate i dettagli del nostro programma. 

Comments (2)

  • Sul tema dei figli posso sicuramente discutere molto. Ne ho/abbiamo sei, due avuti con prima moglie – divorziato vent’anni fa – e quattro “ereditati” dalla attuale, infatti spiritosamente con mia moglie parliamo di famiglie allargate come processi di “fusioni e acquisizioni” (mergers & acquisitions). Quattro sono laureati, in Inghilterra, e lavorano in azienda, uno dislocato in Asia -residente– e uno in Nord America – residente -, i primi due “primogeniti a pari merito” hanno una passione sconfinata e guerriera per il mestiere delle chiavi. Come sia successo? Non ne ho la piu’ pallida idea, noi genitori abbiamo fatto di tutto per allontanarli dal mondo delle chiavi ed in genere dal mestiere di famiglia, proprio perche’ non volevamo influenzarli nelle scelte di vita professionale, come invece era successo alle sei generazioni precedenti. Penso che la cosa sia avvenuta per un fenomeno di inconsapevole attrazione svolto dalla madre – mia moglie, che li ha cresciuti tutti e sei come fratelli – quando ha deciso di venire a lavorare con me, dopo che l’ultima (figlia) aveva finito il liceo, e quindi terminate le incombenze di madre a tempo pieno. Penso che, il vedere i genitori lavorare insieme, prima a salvare l’azienda dal disastro economico incombente (nel 2008/2009 siamo entrati in crisi finanziaria in seguito al credit-crunch), e poi anche divertendosi pur nell’impegno quotidiano, abbia contribuito a dare un esempio di determinazione e compattezza professionale molto forte. E quindi imitabile.

  • Mio fratello ha deciso di lavorare nell’aziendina di mio papa’ al contrario di me, perche’ credo che involontariamente abbia assorbito la passione e l’attaccamento che nei momenti positivi o negativi mio papa’ comunicava quando ci raccontava quello che succedeva al lavoro. Mio papa’ ha cercato anche di dissuaderlo quando mio fratello ha manifestato, con grande convinzione e motivazione, la volonta’ di lavorare con lui, ma non e’ servito e oggi fanno squadra insieme, con mio papa’ che lentamente e con la sensibilita’ che solo un papa’ puo’ usare si sta facendo sempre piu’ da parte.
    Insomma… quando traspare il piacere e la passione per un’attivita’ e quando questa permea ogni cellula della tua identita’ diventa difficile scegliere se trasmettere o meno la passione per un business… succede e basta, e direi per fortuna.

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