Perfezione non fa rima con felicità

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Partiamo dai numeri: le donne a New York tra i 21 i 30 anni guadagnano il 17% in più dei maschi; il 40% delle donne americane guadagna più dei mariti; il trend negli Usa riguarda anche il mondo delle professioni, un avvocato e un medico su tre è donna; nei 2/3 delle scuole di giornalismo le donne sono la maggioranza. I dati sono stati riportati l’11 gennaio dal quotidiano Repubblica che, per completezza di informazione, fa sapere che anche l’Italia, nel suo piccolo, si difende bene. Si impegnano nello studio con ottimi risultati il 38,3% delle ragazze contro il 24,9% dei maschi. Ma quanta infelicità si nasconde dietro a questi numeri? Tanta, a giudicare dal malessere che le ragazze dai 15 ai 20 anni manifestano: bulimia e anoressia sono appannaggio delle adolescenti. Femmine. Ci sarà un perché… Il problema dove sta? Nella ricerca della perfezione che non porta con sé in automatico anche la felicità. Anzi. Pare che le due cose non vadano proprio insieme. E fare le ‘brave ragazze’ rispondendo a canoni imposti alle fanciulle fin da bambine può avere un prezzo alto. Quel che gli altri si aspettano da noi corrisponde a quel che noi vogliamo essere? Pare di no. La filosofa Michela Marzano, sempre dalle pagine di Repubblica, fa sapere che a forza di ‘dover essere’ talvolta è proprio ‘l’essere’ che soccombe. La cultura dell’eccellenza sta mietendo vittime? La Marzano esorta a smetterla di ricercare la perfezione, che tanto non esiste. E poi la vita è altro. Già altro. Ma cosa, esattamente? Voi avete un’idea? E dipendete ancora da quel ‘brava’ che da sempre insegue le bambine? E voi lettori e commentatori maschi, cosa dite? Non è proprio questa scalata delle donne (la meta non è chiaro quale sia, e forse è proprio questo il problema) a far paura agli uomini?

Commento

  • Crediamo (perché ce lo fanno credere fin da piccole) che la ricerca della perfezione ci aiuti nella ricerca della felicità. Preferiamo essere brave che felici, affidabili ed efficienti piuttosto che serene, pensando che il giusto compenso (emotivo, economico, familiare, ecc.) ai nostri sforzi arriverà (quando? boh!) e ci renderà più appagate.

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