Il teorema del fritto misto

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Sabato di fine luglio. Cena al mare. Siamo tanti, 10 uomini e 10 donne. Divisione classica dei tavoli. Uomini da una parte, donne dall’altra. Età media 50 anni. Passano i primi 10 minuti, tempo di dar modo ai camerieri di portare acqua e vino si marcano le differenze. Al nostro tavolo si chiacchiera mentre al tavolo di fronte arrivano con frequenza non paragonabile alla nostra portate di qualsiasi cosa, bottiglie una dietro l’altra. Dopo poco i camerieri si dimenticano di noi per dar retta a un gruppo di maschi che non riesce a placare le richieste. A un certo punto, mentre noi abbiamo quasi finito di cenare, passano contemporaneamente portate di primi e fritti misti… Noi abbiamo lasciato da parte lo sguardo attonito e, come le mamme con i bambini, chiediamo ai nostri accompagnatori di abbassare almeno il tono della voce. I ‘ragazzi’ urlano proprio, è partita la barzelletta selvaggia tra l’imbarazzo degli altri avventori. Per fortuna ci hanno sistemato in due tavoli all’aperto, ma il nostro disagio è comunque evidente. L’amica seduta alla mia sinistra, con sguardo un po’ sconsolato (siamo solo all’inizio della stagione, come dire, bisogna armarsi di pazienza…) mi dice: ‘Vedi Chiara, io lo so perché le mamme hanno un atteggiamento protettivo con i figli maschi’. ‘Ah sì – replico – vuoi illuminare anche me?’. ‘Ma li vedi? Una mamma lo sa che un maschio da solo non ce la può fare…’ 

Comments (3)

  • La collega stava scherzando, vero? Il post mi fa riflettere sul fatto che ci vorrebbe un’educazione emotiva per tutti per insegnare le persone a “contenere” quello che provano 😉 Magari le giovani generazioni ce l’avranno… speriamo!

  • Non credo stesse scherzando.
    Sul suggerimento di insegnare alle persone a contenere ciò che provano rimango un po’ perplesso e me ne domando il motivo, dal momento che significherebbe insegnare ad allontanarsi da se stessi. Ma continuiamo a reprimere che tanto va bene così. Non credo ci sia nulla di detestabile nell’esprimere le proprie emozioni. Piuttosto, care grazie che esiste qualcuno che ancora lo fa.
    Secondo: attenzione!! Perché non rilevo solo una vena sarcastica nel racconto della cena, ma una nota di intolleranza ‘di genere’ che, espressa su un blog che dovrebbe essere di confronto, francamente mi spaventa. Mi spaventa perché non si può fare di tutta l’erba un fascio senza fare le opportune distinzioni. Ma che senso ha?
    BASTA!!!! E basta con questi toni di superiorità: “poveretti, sono uomini, non ce la fanno…” Che tristezza. Ma davvero!!
    D’altra parte sono condotto a pensare che il genere maschile venga attaccato per invidia.
    Queste discussioni sono, per altro, anche anacronistiche. Non riflettono per nulla la situazione dei 35-40enni di oggi, vissuti in un mondo disancorato dalle ideologie e libero (finalmente) dalle dinamiche ottuse che fanno leva sulle differenze di genere.
    Un consiglio: per la prossima cena è meglio prenotare un solo tavolo.

  • Confermo. Queste discussioni non riflettono affatto il pensiero dei 35-40 di oggi. Che ho intervistato, e anche senza bisogno di interviste, si percepisce la diversità di approccio nella generazione precedente alla nostra. Infatti ho precisato l’età anagrafica dei commensali. Una generazione per la quale la condivisione delle responsabilità non è affatto scontata! Vedo tutt’altro modo di vivere e di intendere le relazioni nei ragazzi più giovani. Significa che si è mosso qualcosa. Contesto la vena, che sarcastica non è. Ironica semmai… Un trentacinquenne non organizzerebbe mai tavoli separati, un cinquantacinquenne, ancora oggi, sì. Eccome. E comunque con noi che i trentacinque anni li abbiamo superati da un bel po’, siate più indulgenti… qualche chiacchiera tra amiche, suvvia…

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