Gli artisti del possibile

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Bisogna liberare la formazione dalla spirale della necessità. Con questa suggestione si sono avviati i lavori del Convegno Nazionale AIF.

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Francesco Varanini, che ha curato i contenuti del progetto, ha esordito affermando che è necessario creare dei luoghi dove si cresce insieme spogliandosi dei ruoli. Fare formazione non significa seguire un modello ma creare contesti dove si generano possibilità. Allora bisogna chiedersi, cosa significa apprendere? Siamo impantanati nelle sabbie mobili, dice Giuseppe Varchetta, Psicosocioanalista e Formatore manageriale, e non siamo capaci di scrivere il senso di quello che facciamo. Partiamo dal presupposto che la formazione è un’avventura e non una procedura e l’avventura, come ha detto il filosofo Giorgio Agamben è qualcosa che, al di là della rassegnazione e del risentimento, deve essere voluto e amato da colui che accade, perché, in quel che accade egli vede innanzitutto l’avventura che lo coinvolge e che deve saper riconoscere per esserne all’altezza. Da qui la responsabilità del formatore contemporaneo, che non deve più progettare solo percorsi di apprendimento ma progettare ambienti dove si possano sviluppare progetti di autoapprendimento. Il formatore deve evolvere se stesso da architetto a urbanista, e se la formazione diventa un’avventura allora sarà possibile introdurre anche il concetto di speranza. La speranza di creare nuovi contesti, partendo dalla creazione di nuovi linguaggi. Il formatore deve scoprirsi autore dei propri atti, utilizzare il proprio know how – che rappresenta le conoscenze passate – per costruire conoscenze nuove.

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Come ha fatto Tiziana Bernardi, che ha deciso di lasciare una posizione di vertice in un gruppo bancario per diventare ambasciatrice del monastero di Mvimwa in Tanzania. Tiziana ha deciso di utilizzare le proprie conoscenze, rinunciando al proprio ruolo nell’organizzazione, per far accedere qualcosa di nuovo. Questo il senso vero della formazione, liberare la formazione anche questo significa. Ma per liberare la formazione, ci vogliono persone libere, persone che decidono, come Tiziana, di essere autori e protagonisti del proprio futuro.

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Accanto a Tiziana anche Anna Deambrosis, Direttore Welfare di Reale Mutua e AD Blue Assistance, ha raccontato di come ha utilizzato la formazione per fare accadere qualcosa di nuovo e modificare l’approccio al lavoro. Liberare la formazione significa anche ‘prendersi la liberta’ di portare un cambiamento. Presupposto è non accontentarsi, avere voglia di crescere. Ma la libertà, ci ha raccontato Emanuele Kettlitz, Formatore, si conquista anche attraverso un processo creativo. E decidere di mettere tutto in discussione, significa avere la volontà di creare qualcosa di nuovo. Il mondo della formazione potrà evolvere se i formatori da depositari di contenuti decideranno di diventare dei metodologi, dei facilitatori, persone che ci aiutano a trovare la nostra dimensione all’interno dei nuovi contesti che si stanno creando. Il futuro della formazione parte dal futuro che vogliamo costruire per la nostra società e gli atenei – Alberto De Toni, Rettore Università di Udine, ha approfittato per sottolinearlo – devono avere il ruolo di rivitalizzatori urbani, devono contribuire a risvegliare capacità critica, devono essere i luoghi dove gli studenti partecipano alla costruzione del loro futuro. Per costruire un futuro differente però ci vuole coraggio, e anche la formazione deve essere coraggiosa. La formazione tradizionale, come ha spiegato il generale Fernando Giancotti è inadeguata per affrontare la complessità. Occorre un approccio integrato e occorre investire nella qualità dell’ambiente formativo con la consapevolezza che il cambiamento deve partire anche dalle modalità con le quali si progettano gli interventi formativi per costruire una conoscenza condivisa. Gianluca Bocchi, Filosofo della Scienza, sostiene che abbiamo accettato un progressivo degrado della formazione, abbiamo accettato il termine addestramento. È urgente ricominciare a iniettare cultura, perché solo la cultura ci dà gli strumenti per reagire alle emergenze, solo la cultura consente all’uomo di muoversi nella pluralità delle informazioni. Il formatore è l’artista del possibile e la cultura è decisiva, è l’arma dell’Europa, dice Bocchi. E lo afferma all’indomani degli attacchi di Parigi.

 

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