I giovani e il sogno della busta paga

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Qualche settimana fa si è festeggiata la festa della mamma. Non amo le ricorrenze, fatico a festeggiare il compleanno, figuriamoci giornate come questa. Ma qualche riflessione viene spontanea.

bimbiQuando i miei bimbi andavano all’asilo (in foto la versione attuale), i genitori potevano ancora fantasticare su quel che avrebbero fatto da grandi. Oggi i nostri ragazzi non è chiaro cosa potranno fare, quali lavori saranno sostituiti dai robot, cosa è più sensato studiare. Mio figlio Giovanni tenterà test per entrare alla facoltà di medicina. Mi spiace disilluderlo e comunicargli che i robot sono destinati ad entrare nel mondo sanitario stravolgendo tutto il sistema. Cambieranno molte professionalità, alcune diventeranno obsolete e ne emergeranno altre. Che fare? La domanda resta aperta, forse il fratello che studia filosofia (a sinistra nella foto) se la passerà meglio… Almeno, da disoccupato felice, avrà strumenti interpretativi più evoluti che lo aiuteranno a meglio superare travagli interiori… Sdrammatizzo, ma non c’è tanto da star sereni. Per chi nasce ora, poi, impossibile qualsiasi profezia. Sfido chiunque a immaginare come sarà il mondo tra 10 o 20 anni. Per noi genitori il mestiere si complica di giorno in giorno. Sono finiti i tempi in cui si poteva sperare che il figlio facesse il lavoro del papà. Non che il fatto fosse positivo di per sé, era la consapevolezza di tramandare certezze ad essere tranquillizzante. Oggi non è più così. E, se anche cerchiamo di nasconderlo, siamo tutti un po’ intimoriti. Tutte le rivoluzioni industriali hanno contribuito ad aumentare l’occupazione. Ora la robotica è vissuta come una minaccia… A New York hanno già sperimentato la cameriera che in un locale raccoglie l’ordinazione e cucina. In un colpo solo ha eliminato due figure indispensabili: cameriere e cuoco. Alè! Scenario drastico, d’accordo, quanti di noi sarebbero disposti a rinunciare all’interazione con il cameriere che ci conosce e ci chiede come stiamo? Forse non molti, o forse no, chini come siamo sulle nostre piattaforme social, abituati ad avere moltissimi contatti ma pochissime relazioni autentiche. Forse il cameriere/robot ci eviterebbe conversazioni inutili mentre siamo intenti a mettere l’ennesimo ‘like’ alla foto postata dall’amico del cuore, pardon, di piattaforma… Siamo iperconnessi, ma non abbiamo mai avuto così tanto isolamento e tanta solitudine intorno a noi. Quindi, che si fa? Non si può stare a guardare… Tutti noi dobbiamo lavorare, mantenerci, dare un senso alle nostre vite. Però c’è un però. In questo vortice che tutto cambia, tende anche a cambiare la relazione tra il lavoro e la sua retribuzione, soprattutto per i più giovani. I nostri ragazzi che entrano nel mondo del lavoro –quando entrano– devono, quasi tutti, passare per le forche caudine degli stage. Modalità utilissime per far approdare progressivamente i ragazzi in azienda. Ma strumenti anche straordinariamente convenienti per datori di lavoro per sfruttare chi è più debole, ha necessità di imparare e quindi accetta tutto. Dove sta l’etica nel costringere un laureato a sostenere ritmi da workaholic per poche centinaia di euro? La recente copertina di un settimanale ha denunciato il fenomeno. Come campo con 300 euro? Conoscono bene il fenomeno studi professionali di grido che tengono in scacco i giovani con queste formule. Ma anche molte grandi aziende non sono da meno… Insomma, non sappiamo quali saranno le professioni del futuro, i giovani sono mediamente sottopagati e il lavoro, per come lo conosciamo, non esisterà più. Bisogna saper guardare con serietà al mondo per come sta cambiando. Ci sono grandi opportunità offerte dall’innovazione e dalla tecnologia ma il sistema politico non svolge il suo ruolo e aggiunge elementi di incertezza. Anche l’alternanza scuola-lavoro è fondamentale, ma non sono stati istituiti percorsi strutturati e seri per tutti e il rischio che si corre è l’ineguale distribuzione delle opportunità. Soluzioni semplici a problemi complessi, rischiano di essere quelle sbagliate, ha detto Giovanni Costa al Congresso AIDP. Abbiamo bisogno di orientamenti. Nel caso faticassimo a trovarli, continuare ad apprendere può essere un buon antidoto per contestare l’incertezza. Nadie te quita lo bailado dicono in Sudamerica. Come dire, quello che hai fatto, e quello che sai, non te lo porterà via nessuno. Come usare la conoscenza, e come trasformarla in reddito beh… quella sarà la vera sfida. Non dimentichiamoci che siamo 7.5 miliardi e presto sulla nostra Terra saremo 10 e anche per gli esseri umani vale la legge della domanda e dell’offerta: più siamo e meno ‘valiamo’, almeno a livello economico, quindi è possibile che un lavoratore umano sottopagato continui a essere più conveniente di un robot ancora per un po’. Con buona pace dei sogni delle mamme.

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