Il lusso della febbre

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L’influenza non è femmina. Il quotidiano La Stampa riporta uno studio di Astraricerche presentato a Milano: la responsabilità della cura e della salute della famiglia ricade quasi totalmente sulle donne, quindi gli altri si possono ammalare, le donne, no. O meglio, ai figli è concessa l’influenza a patto che siano già abbastanza grandi per stare in casa da soli, altrimenti la richiesta al pediatra è di un farmaco superefficace che abbassi la temperatura a 37 in modo da farli rientrare immediatamente all’asilo, o alla scuola elementare. In caso di influenza della mamma la richiesta è che il farmaco faccia effetto nel giro di due ore (non due giorni). Ai primi brividi si ricorre a una gamma completa di rimedi anti febbre, anti mal di gola, anti tutto. Nell’era del tutto e subito, ci mancherebbe che a un farmaco non si richieda di agire real time! Questa settimana l’influenza ha colpito quasi 400mila persone in italia e si prevede che si ammali il 10% della popolazione. E in questa moltitudine di ruoli che giocano le donne, il ruolo delle ammalate, pare, non se lo possano concedere proprio. 

p.s. io faccio parte delle 400 mila di questa settimana. Mercoledì le prime avvisaglie, giovedì mattina antibiotico ad ampio spettro+antipiretico+vitamina C che non si sa mai, giusto l’indispensabile per rimanere in ufficio, venerdì il crollo. Fortuna che c’è il week end! E voi, se l’influenza vi colpisce, cosa fate? Siete del partito del ‘guarite entro due ore’? (Io certamente sì, ma stavolta mi son dovuta arrendere…).

Comments (2)

  • Sono del partito del “mai ammalato”. Mi sono iscritto a questo partito fin dai 17/18 anni quando gestivo campeggi per adolescenti. Avevo la responsabilità di 30/40 persone, compresa la vigilanza notturna sulle tende, per impedire che qualche sbandato entrasse nel campeggio con cattive intenzioni… Da quegli anni ho imparato anche “a far finta di essere sano”
    E’ una citazione di Gaber, probabilmente fuori contesto, ma i trasferimenti di significati sono affascinanti.

  • Oggi è lunedì e mi trovo in ufficio. Mi piace definirmi “convalescente”, ma è un modo subdolo per non ammettere che sto ancora male, perché non mi sono curata adeguatamente. La scorsa settimana ho preso una serie di intrugli per resistere fino a venerdì; sono arrivata a casa alle 20.00 stremata, e “per fortuna che c’è il week-end”. Ho vegetato a casa, avrei dovuto restarci ancora. Ma la conseguenza sarebbe stata spiacevole, perché in un momento di super-lavoro, la mia assenza avrebbe significato appesantire le mie colleghe chiamate a sostituirmi. Anche loro, già sovraccariche. Affronto un momento di difficoltà in cui mi sento chiamata a non abbandonarmi alle mie debolezze e a resistere, nonostante tutto.

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