Giappone-Brianza e ritorno

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Villa Confalonieri, Merate, sono le 20.45. La vulcanica presidente del Soroptimist Club di Merate Paola Pizzaferri del Boca ha organizzato la presentazione del mio libro Ci vorrebbe una moglie. Nel giro di pochi minuti la sala si riempie. IMG_4588 (1)Si coglie immediatamente quella piacevole sensazione che si vive in provincia, difficile riprodurla a Milano –so di cosa parlo perché sono nata in una piccola città–. Quella sensazione che non ti fa mai sentire estraneo in nessun luogo, perché ci si conosce e le relazioni sono facilitate dalla prossimità. Avere una platea di oltre 50 persone che vengono a sentir parlare di un libro è già una cosa straordinaria, quando poi queste persone si conoscono tra di loro il clima che si crea è davvero straordinario. L’ideale per dare avvio a un dibattito. A sancire l’importanza dell’evento apre la nostra serata il sindaco di Merate Andrea Robbiani: il 2014 è l’anno europeo delle pari opportunità e anche la Brianza lecchese non può ignorare questi temi. È importante ragionare sull’intercambiabilità dei ruoli e sulla condivisione delle responsabilità, sottolinea il Sindaco, e guardare con attenzione a quanto avviene al di fuori dei nostri confini dove sono sempre di più gli uomini che decidono di dedicarsi alle attività di cura della famiglia. Aumentano gli ‘stay at home dead’, (avrà già letto il mio libro????) chiosa prima di scappare per l’imminente inizio di un Consiglio Comunale straordinario, quindi bene tener vivo il dibattito. Anche l’Assessore alla Cultura e alle Pari Opportunità Giusi Spezzaferri sottolinea l’impegno di tutta la comunità per favorire il lavoro femminile e anche lei si rammarica di dover seguire il suo Sindaco… Durata prevista dell’incontro un’ora e un quarto. Parto io e cito qualche dato. Innanzitutto sull’occupazione delle giovani donne: le ventisettenni occupate nel 1992 erano di più delle coetanee del 2012 e anche la disoccupazione è aumentata. Per forza, la crisi non ha certo contribuito a migliorar le cose. Comunque il dato certo è che maternità e lavoro sono ancora oggi percepite come inconciliabili. Fa notizia il nostro ministro per la Pubblica Amministrazione Marianna Madia nominata all’ottavo mese di gravidanza. Certo, perché ha dichiarato che non sarà impossibile lavorare e allattare… Ma avete idea dello sforzo? Avete anche solo una minima percezione della fatica che farà quella povera neoministra per tener fade ai suoi impegni istituzionali allattando un neonato? Perché possiamo esser certi che cercherà di fare i miracoli per non venir meno agli impegni presi. E la differenza sta proprio qui, nel mantener fede agli impegni. Abbiamo anche fin troppi esempi di politici plurincaricati che non si pongono minimamente il problema di come far coesistere diversi carichi di lavoro. Ma le donne questa domanda se la pongono e, soprattutto, poi, si danno da fare di conseguenza. Non sarà proprio in questo passaggio la chiave di tutto, e cioè che le donne si fanno più domande? Ci conferma questo approccio Lucia Fracassi, Direttore Generale di Deborah Goup che fa proprio questo esempio e racconta di quando le è stato proposto di rivestire la carica attuale e lei ha subito chiesto consigli ad amici fidati. “Come si fa? Sarò capace?”. Quando a un uomo viene offerto un avanzamento di carriera, secondo voi, si fa la stessa domanda? Qualcuno magari sì, ma nella stragrande maggioranza dei casi proprio no. Semmai la domanda sarà “Di quanto aumenta il mio stipendio?”. Comunque per tornare al nostro tema e per sottolineare quanto importante sia parlarne, sempre Lucia ci racconta di un aneddoto accaduto nella sua azienda poche settimane prima. Una giovane donna entra nel suo ufficio e si mette a piangere. Singhiozzando, con un filo di voce tremante le confessa di essere incinta. Lucia la abbraccia e le domanda il motivo di tanta tristezza. “Ma ora potrò continuare a lavorare?”. Il nostro dramma sta tutto in questa domanda. La disperazione al posto della gioia sono lo specchio dell’inadeguatezza del nostro Paese rispetto al sostegno alla maternità e alle famiglie. Con tutto che in Deborah esiste un asilo nido! Forse, nel nostro Paese, le donne non si mettono in gioco perché non hanno la certezza di poter contare sul sostegno delle aziende e della collettività. Certo ora nelle generazioni più giovani le responsabilità sono più condivise e la gestione della sfera domestica si allevia forse un po’. Illuminante comunque l’intervento di una signora che ha dedicato la sua vita al notariato, in tempi nei quali la condivisione delle responsabilità era un concetto astratto. Forse i due sostantivi – condivisione e responsabilità – non andavano mai nemmeno in coppia!. Comunque la signora ha offerto a tutte noi una pillola di saggezza. “Premesso che quando i miei figli si ammalavano mi arrabbiavo moltissimo perché rischiavano di intralciare il mio lavoro, io dalle 8 di mattina alle 8 di sera ero dedita totalmente alla mia attività professionale. Dalle 8 alle 8.30 di sera a mio marito, e dalle 8.30 di sera alle 8 di mattina ai miei figli e al riposo”. Altro che organizzazione snella! Siamo sicuri che gli inventori del modello Toyota non abbiano fatto un giro nell’alta Brianza in tempi non sospetti per mutuare buone pratiche organizzative da queste signore illuminate?

(Nella foto, da sinistra: Giusi Spezzaferri, Chiara Lupi, Paola Pizzaferri del Boca, Andrea Robbiani, Lucia Fracassi e Alessandro Betti)

Comments (2)

  • Mariateresa Magarini

    E’ questo che si chiede alle donne? Fate figli e dimenticatevene? Che tristezza. Ho anch’io una piccola pillola di saggezza rivolta a chi mette la carriera al primo e unico posto:
    Avere figli non è obbligatorio.
    Non è un dovere.
    Perchè diventi un piacere bisogna poterseli godere.

  • Completo l’intervento di Mariateresa:
    avere figli non è un dovere;
    avere figli non è un diritto.
    Avere figli può essere un desiderio.
    Avere figli può essere un evento inatteso da imparare ad accogliere nella libertà. Non è decisivo che quel bambino non sia stato un nostro “progetto”: neanche nascere è una nostra scelta, e, tuttavia, progressivamente, attraverso un certo numero di altre scelte, scegliamo anche la vita che altri ci hanno dato senza chiedere il nostro consenso.
    Alla fine si tratta di ripensare il valore della soggettività e di rivederne lo statuto di onnipotenza. Come si vede, la questione femminile ci porta al centro dello statuto dell’essere persona. Questione femminile e questione maschile sono vitalmente correlate.

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